mercoledì 17 maggio 2017

Spuma e sassi ...




Spuma e sassi


Ralph restò con gli occhi aperti a guardare l’infinito, il vuoto del canyon era riempito solo dal silenzio irreale di una muta rassegnazione. Si lasciò cadere seduto per terra, il fiato spezzato e il cuore che batteva al limite del collasso. Un istante che durò un’intera vita percorso da pensieri e proiezioni verso un futuro che sarebbe potuto essere.

I suoni si fecero ovattati e lasciarono il posto ad un ronzio continuo, fastidioso, che gli riempieva la testa.

Il naso cominciò a colare e gli occhi lucidi si gonfiarono di lacrime, Ralph si portò le mani al volto e scoppiò in un pianto incontrollato, frammezzato da parole senza senso, senza connessione logica. L’ombra scura gli disegnò la sagoma di un corpo sui calzoni,una mano tremante gli si appoggiò sulla spalla. Jack si allungo sporgendosi sopra il corpo rannicchiato dell’amico a guardare il vuoto sotto la riva.

“Urca, che volo sarebbe stato, c’è mancato poco” sbuffò Jack, tra una pausa di riflessione e un sorso di spuma.

“Tieni, missà che ne hai bisogno di un sorso”, aggiunse porgendo la bottiglietta mezza vuota al piccolo amico.

Ralph si alzò di scatto asciugandosi gli occhi con il dorso delle mani, prese la bottiglietta e in un solo sorso finì ciò che restava della spuma.

“bell’amico che sei, te ne sei bevuto più di metà” gli disse, buttandogli le braccia al collo.

Si abbracciarono forte, a suggellare un’amicizia saldata da un’esperienza che li avrebbe uniti per sempre.

Cominciarono a ridere e a singhiozzare contemporaneamente, per la gioia, per la paura, per il fatto che ora si sentivano un po’ più grandi di poco prima, e ad aiutarli a crescere era stato lo sbuffo di una locomotiva e un paio di traversine di legno. Come su lavagne bianche il destino tracciava sulle loro anime segni con gessetto bianco, il tempo ne avrebbe cancellato la maggior parte, sostituiti da altri, ma le tracce sulla lavagna sarebbero rimaste comunque per sempre.

Decisero di proseguire la passeggiata nel bosco lungo i binari del treno, camminavano tra le rotaie al centro della massicciata, prendendo a calci i ciottoli bianco ruggine come se ormai nulla potesse più toccarli. Fu una lunga giornata, i due amici tornarono sui loro passi solo verso il tardo pomeriggio, attraversarono il ponte senza riserve, si fermarono persino a lanciare alcune pietre prese dalla massicciata della ferrovia, guardando i cerchi che trasportati dalla lenta corrente si perdevano fino ad infrangersi sulle rive.

Recuperarono la bicicletta di Ralph che la spinse senza salirci sopra fino al limitare della radura, li dove la ferrovia curvando esce dal tunnel e si proietta verso la città

Si separarono, Ralph montò in sella alla sua bicicletta e jack si sistemò bene lo zainetto sulle spalle.

Con un semplice saluto con la mano alzata si accomiatarono l’uno dall’altro.

“Ciao Jack, ci si vede domani”disse Ralph.

“Domani non posso, devo accompagnare mia madre dal dottore”, rispose Jack.

“allora magari dopodomani?” aggiunse appoggiando il piede sul pedale.

“Si, magari dopodomani”.

“Ciao Jack”

“Ciao Ralph…, ci si vede”.

Con pochi colpi di pedali Ralph si allontanò dall’amico che a piedi tornava in città, lungo le stradine di terra impolverate, mentre il sole ancora alto cambiava lentamente colore alle spighe di grano, alle foglie mosse dalla brezza, alla polvere alzata dalla strada.


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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

martedì 16 maggio 2017

Corri uomo ...corri... (in attesa della pioggia)





Corri uomo....corri...


Le gambe tremavano come foglie mentre il cuore batteva al ritmo forsennato di un frenetico pezzo di rock’n roll. Ralph e Jack procedevano piano attenti a posare i piedi sopra le traversine sospese, con le mani si aiutavano ora tenendosi aggrappati ai piloni coperti di rossa ruggine, ora allargando le braccia come per tenersi in equilibrio.

Jack era un paio di passi più avanti, ogni qualvolta appoggiava la pianta del piede si voltava poi ad assicurarsi che l’amico lo stesse seguendo, forse più per farsi coraggio che per preoccupazione.Giunti quasi alla metà del ponte si fermò in attesa che Ralph lo raggiungesse, sbruffone, baldanzoso e spregiudicato, Jack si affacciò al bordo del ponte per dimostrare tuta la sua incoscienza.“Dai Ralph, muoviti, non posso mica stare tutto il giorno qui ad aspettarti”, gli gridò con il sorriso stretto tra i denti.

Ralph dal canto suo non aveva poi così fretta di correre, l’incoscienza lasciava il posto ad una commisurata consapevolezza che ciò che stavano facendo era tanto stupido quanto pericoloso e questo lo portava ad essere cauto e attento a non commettere banali imprudenze di cui non avrebbe avuto modo di pentirsi.

“Eccoti finalmente, amico mio, ce ne hai messo di tempo !” disse Jack al sopraggiungere di Ralph

“Ringrazia dio che sono qui, non è proprio una passeggiata”, gli rispose con la voce rotta dall’eccitazione.

“Dammi da bere, ne ho bisogno”, chiese Ralph .

“Lo hai tu lo zaino” affermò con stupore l’amico.


I due si guardarono reciprocamente le spalle, come se fosse un gesto naturale, ma lo zainetto restava lì, appoggiato tra i fili d’erba sul bordo della pista ferrata, in terra sicura.

“Oh no….sei il solito idiota...” borbottò Ralph, “..ora ci torni tu indietro a prenderlo”

“ Col cavolo…” rispose Jack.

“Io non ci torno indietro, lo zaino è il tuo e sono sicuro che se torni a casa senza tua madre te ne farà passare delle belle !!”

Fece un sospiro profondo, poi sbuffò come un treno in corsa, Jack si staccò dal pilone in ferro e cominciò a tornare indietro, passo dopo passo, traversina dopo traversina. Ralph restò lì, al centro del ponte, lentamente si sedette sul bordo di una traversina, con le gambe penzoloni sul vuoto e le mani saldamente aggrappate all’intelaiatura in ferro del ponte. Di tanto in tanto si girava verso l’amico che procedeva con passo lento ma sicuro verso la riva e gli gridava con un sinistrò quanto irridente sfottò “muoviti lumacone !!!”.

I pensieri di Jack si rivoltavano nella sua mente come calzini sporchi, tra la rabbia di essere stato così fesso da dimenticare lo zaino e la consapevolezza di essere tanto in gamba da permettersi di fare avanti e indietro lungo il ponte, cosa che forse era più semplice per lui che passeggiare nel centro città mentre tutti lo guardavano giudicandolo con gli sguardi. Jack arrivò all’ultima traversina, con un balzo la saltò, si girò verso Ralph e cacciando un urlo liberatorio alzò le mani al cielo in segno di vittoria.

In realtà le gambe molli e il fiato corto lo facevano sentire spossato, come se avesse corso per miglia e miglia. Raccolse lo zainetto e prese un’altra bottiglietta di spuma rossa, la stappò usando i denti con il rischio di rovinarseli tutti, ma in quel momento di euforica vittoria era il suo modo di dimostrare quanto fosse un vero duro.

Diede una bella sorsata, alzando la bottiglietta in alto all’indirizzo dell’amico, in quel momento la sua superbia era pari a quella di Allan Quatermain davanti all’ingresso delle miniere di re salomone, si sentiva inarrivabile. “Dai muoviti !! “ gli gridò Ralph da mezzo il ponte, “…non vorrai mica festeggiare da solo !!”

“Arrivo, Arrivo”, bofonchiò Jack, subito richiamato all’ordine dalla perentoria voce seria di Ralph. Più sicuro di prima, ritornò sui suoi passi e riprese a camminare sul ponte, sbeffeggiando l’amico saltellando ora avanti ora indietro sopra le traverse delle rotaie. Il tempo però scorre e sbuffa e fischia come un treno che viaggia diritto sui suoi binari. Ralph sgranò gli occhi non appena vide lo sbuffo di fumo nero uscire dalla galleria in lontananza, si alzò veloce in piedi e cominciò a muovere le braccia e a gridare “ MUOVITI…MUO VI TI , JACK CORRI !!!!”.

“Che fai ora non esagerare, sto arrivando !!” rispose stizzito Jack. “IL TRENO JACK, IL TRENO !!!” gridò Ralph mentre alzatosi in piedi cominciava a saltellare tra una traversina e l’altra. Jack si voltò non appena sentì il fischio che come un proiettile passò da una e riva all’altra saltando per intero il burrone.

Cominciò a saltellare veloce tenendo con una mano lo zaino e con l’altra la bottiglietta, poi più veloce sempre più veloce, cercando di raggiungere Ralph che nel frattempo si era dimostrato una lepre senza eguali. Le voci si rincorrevano “CORRI CORRI” mentre il fischio del treno rimbalzava tra i tralicci in ferro e si moltiplicava all’infinito.

Jack correva, con la spuma che schizzava via dalla bottiglietta e lo zaino che gli rimbalzava contro le ginocchia. Correvano come nessuno di loro avesse mai corso, il treno li rincorreva inconsapevole, veloce, rumoroso, le sue pesanti ruote in ferro facevano vibrare tutto il ponte. I cuori battevano come tamburi impazziti e schizzavano fino alla gola rompendo il fiato.

ARRIVA ARRIVA !!! CORRI CORRI !! SALTA SALTA…

Ralph corse come se non ci fossero altro che nuvole tra lui e il fiume, si sentiva leggero come un’anima senza peso, ora era il momento di saltare. Ralph raggiunse il bordo dall’altra parte e si lasciò scivolare lungo la massicciata di ghiaia bianca, la polvere gli si impastò con la saliva tanto da non permettergli più di gridare …” AVVRiVA.. CoVi …JAc… SaTTa...SatTA”.

Il cuore in gola, la bottiglietta nella mano destra, lo zaino nella sinistra, il treno appiccicato ai talloni che continuava a fischiare e fischiare e fischiare sempre più forte. Jack era come una pentola a pressione sul limite di esplodere.

Jack nello slancio di una corsa senza più controllo lasciò scivolare via lo zainetto e si catapultò verso il bordo del ponte a pochi metri dalla fine, li dove ancora la riva scherza con il vuoto in un irridente senso di sicurezza.

Il treno passò ragliando con tutti i suoi vagoni, come un mulo che deride due stupidi somari. La cadenza dei vagoni, uno dopo l’altro scandivano i secondi che separavano Ralph dall’inevitabile consapevolezza di aver perso il suo più caro amico in un modo tanto stupido quanto inutile. Infine con un secco rumore metallico l’ultimo vagone lasciò il ponte, le vibrazioni dei tralicci in ferro si affievolirono in un silenzio irreale fino a lasciare lo spazio ai suoni del bosco e al lento scorrere del fiume.


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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

mercoledì 3 maggio 2017

…uomini o topi… (in attesa della pioggia)… continua


Uomini o topi....

Il sinuoso boa verde si scrollò di dosso le piccole ondine create dalla bottiglia come un cavallo si scrolla le mosche di dosso con un fremito della pelle.
Niente più che una breve ed intermittente modificazione dello stato di quiete, tutto qui.
Ralph e Jack si guardarono negli occhi e riguardarono il fondo del canyon e si riguardarono nuovamente negli occhi.
Jack fece una piccola smorfia con la bocca accompagnandola con un piccolo movimento di spalle, come a sottolineare che in fondo si trattava di una sciocchezza, nulla più che un fiume verdastro che scorre in fondo ad un burrone.
Forse non aveva tutti i torti, ma Ralph la pensava, allora, in maniera differente e i pensieri negativi si affollarono nella sua mente, tra l’istinto di sopravvivenza e l’incoscienza di un’età che ti mette di fronte al mondo, facendolo sembrare un luna park.
Le mani di entrambi si strinsero a suggellare un patto già benedetto dal sorso della cola, poi, Ralph,  tirandosi su i calzoni, infilando le dita nelle asole, disse a Jack con voce compatta e tono serioso : “Allora , facciamola sta cosa e non parliamone più!”.
Jack ebbe un piccolo sussulto, forse aveva immaginato una decisione diversa, forse avrebbe voluto che Ralph fosse più titubante, più timoroso, ma no, non lo fu.
“Si, Facciamola e non parliamone più” rispose a Ralph.
La decisione fu presa, ma nessuno dei due mosse un passo, quasi ad attendere che fosse l’altro a incedere per primo, si guardavano lanciandosi piccoli segnali non verbali, un piccolo movimento di sopracciglie, un lieve schiocco delle dita, il piede che striscia per terra segnando un piccolo solco scuro sul tappeto di erba secca, la mano che scivola tra i capelli a massaggiarsi la nuca.
Infine come un'unica anima, si mossero contemporaneamente, tanto che quasi le teste finirono per cozzare l’una contro l’altra.
“dai vai avanti tu”, suggerì Ralph,  più per educazione che per rispetto nei confronti dell’amico.
“Certo che vado avanti io” Rispose altisonante Jack “..io sono più vecchio di te!”
“No, sono più vecchio io, ma non fa niente, vai avanti tu”, ribattè Ralph.
L’erba secca gracchiava sotto il loro piedi, come uno scrosciante applauso. Si fecero largo tra le basse fronde che costeggiavano la massicciata di ghiaia bianca su cui riposavano le lunghe e pesanti rotaie.
Nessuna barriera, nessuna recinzione a proteggere gli incoscienti e insani malcapitati che  si trovavano a passare di li, ma del resto l’attenzione e la sicurezza ai tempi erano lasciati al buon senso e alla paura, se non c’è un limite perché superarlo.
Di sicuro le intensioni dei due andavano ben oltre la normale concezione di sfidare il pericolo solo per il gusto di farlo, la loro era una sorta di iniziazione, in fondo siamo uomini e non topi, come qualcuno disse.
Il sole caldo proiettava i propri raggi tra le travi del ponte che in un’unica campata attraversava il fiume, rimbalzavano lucidi sulle rotaie per perdersi nell’infinito.
 I due amici si avvicinarono silenziosamente al bordo del ponte, fino a fermarsi li, tra il limite , li dove finisce la terra e comincia il vuoto del cielo.
Le rotaie si estendevano diritte lungo tutto il ponte, appoggiate ad assi di legno imbrunite dalla ruggine e dallo sporco, assi nere, che si confondevano con le ombre proiettate dai tralicci in ferro.
Il primo passo fu simultaneo, si mossero all’unisono, come un sol uomo.
Subito dopo il secondo, poi un terzo e un quarto e un quinto passo, uno dietro l’altro, sicuri, insieme sembrava non essere tutto sommato una cosa così complicata.
Tra un asse e l’altro si vedevano le fronde dei cespugli che crescevano sotto la campata, sul limite della riva, ma al passo successivo un brivido colse entrambi, tanto da far tremare le ginocchia e far sentire il cuore battere più velocemente, la scossa di adrenalina che li pervase fu come una doccia fredda.
Ora tra un asse e l’altro non si vedeva che il vuoto, ora si che la cosa si faceva complicata.
La paura fece gelare loro il sangue e come una lucertola infreddolita le loro gambe esili si muovevano a rilento, insicure, le ginocchia vibravano come quelle di un vitellino nel suo primo tentativo di sollevarsi in piedi.
Gli occhi sgranati scrutavano attentamente dove poggiare la suola delle scarpe e contemporaneamente lanciavano uno sguardo atterrito alla sottile linea verde che non ricordava più nemmeno vagamente un fiume.
La paura fa brutti scherzi, su questo non avevano dubbi.



Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©