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martedì 16 maggio 2017

Corri uomo ...corri... (in attesa della pioggia)





Corri uomo....corri...


Le gambe tremavano come foglie mentre il cuore batteva al ritmo forsennato di un frenetico pezzo di rock’n roll. Ralph e Jack procedevano piano attenti a posare i piedi sopra le traversine sospese, con le mani si aiutavano ora tenendosi aggrappati ai piloni coperti di rossa ruggine, ora allargando le braccia come per tenersi in equilibrio.

Jack era un paio di passi più avanti, ogni qualvolta appoggiava la pianta del piede si voltava poi ad assicurarsi che l’amico lo stesse seguendo, forse più per farsi coraggio che per preoccupazione.Giunti quasi alla metà del ponte si fermò in attesa che Ralph lo raggiungesse, sbruffone, baldanzoso e spregiudicato, Jack si affacciò al bordo del ponte per dimostrare tuta la sua incoscienza.“Dai Ralph, muoviti, non posso mica stare tutto il giorno qui ad aspettarti”, gli gridò con il sorriso stretto tra i denti.

Ralph dal canto suo non aveva poi così fretta di correre, l’incoscienza lasciava il posto ad una commisurata consapevolezza che ciò che stavano facendo era tanto stupido quanto pericoloso e questo lo portava ad essere cauto e attento a non commettere banali imprudenze di cui non avrebbe avuto modo di pentirsi.

“Eccoti finalmente, amico mio, ce ne hai messo di tempo !” disse Jack al sopraggiungere di Ralph

“Ringrazia dio che sono qui, non è proprio una passeggiata”, gli rispose con la voce rotta dall’eccitazione.

“Dammi da bere, ne ho bisogno”, chiese Ralph .

“Lo hai tu lo zaino” affermò con stupore l’amico.


I due si guardarono reciprocamente le spalle, come se fosse un gesto naturale, ma lo zainetto restava lì, appoggiato tra i fili d’erba sul bordo della pista ferrata, in terra sicura.

“Oh no….sei il solito idiota...” borbottò Ralph, “..ora ci torni tu indietro a prenderlo”

“ Col cavolo…” rispose Jack.

“Io non ci torno indietro, lo zaino è il tuo e sono sicuro che se torni a casa senza tua madre te ne farà passare delle belle !!”

Fece un sospiro profondo, poi sbuffò come un treno in corsa, Jack si staccò dal pilone in ferro e cominciò a tornare indietro, passo dopo passo, traversina dopo traversina. Ralph restò lì, al centro del ponte, lentamente si sedette sul bordo di una traversina, con le gambe penzoloni sul vuoto e le mani saldamente aggrappate all’intelaiatura in ferro del ponte. Di tanto in tanto si girava verso l’amico che procedeva con passo lento ma sicuro verso la riva e gli gridava con un sinistrò quanto irridente sfottò “muoviti lumacone !!!”.

I pensieri di Jack si rivoltavano nella sua mente come calzini sporchi, tra la rabbia di essere stato così fesso da dimenticare lo zaino e la consapevolezza di essere tanto in gamba da permettersi di fare avanti e indietro lungo il ponte, cosa che forse era più semplice per lui che passeggiare nel centro città mentre tutti lo guardavano giudicandolo con gli sguardi. Jack arrivò all’ultima traversina, con un balzo la saltò, si girò verso Ralph e cacciando un urlo liberatorio alzò le mani al cielo in segno di vittoria.

In realtà le gambe molli e il fiato corto lo facevano sentire spossato, come se avesse corso per miglia e miglia. Raccolse lo zainetto e prese un’altra bottiglietta di spuma rossa, la stappò usando i denti con il rischio di rovinarseli tutti, ma in quel momento di euforica vittoria era il suo modo di dimostrare quanto fosse un vero duro.

Diede una bella sorsata, alzando la bottiglietta in alto all’indirizzo dell’amico, in quel momento la sua superbia era pari a quella di Allan Quatermain davanti all’ingresso delle miniere di re salomone, si sentiva inarrivabile. “Dai muoviti !! “ gli gridò Ralph da mezzo il ponte, “…non vorrai mica festeggiare da solo !!”

“Arrivo, Arrivo”, bofonchiò Jack, subito richiamato all’ordine dalla perentoria voce seria di Ralph. Più sicuro di prima, ritornò sui suoi passi e riprese a camminare sul ponte, sbeffeggiando l’amico saltellando ora avanti ora indietro sopra le traverse delle rotaie. Il tempo però scorre e sbuffa e fischia come un treno che viaggia diritto sui suoi binari. Ralph sgranò gli occhi non appena vide lo sbuffo di fumo nero uscire dalla galleria in lontananza, si alzò veloce in piedi e cominciò a muovere le braccia e a gridare “ MUOVITI…MUO VI TI , JACK CORRI !!!!”.

“Che fai ora non esagerare, sto arrivando !!” rispose stizzito Jack. “IL TRENO JACK, IL TRENO !!!” gridò Ralph mentre alzatosi in piedi cominciava a saltellare tra una traversina e l’altra. Jack si voltò non appena sentì il fischio che come un proiettile passò da una e riva all’altra saltando per intero il burrone.

Cominciò a saltellare veloce tenendo con una mano lo zaino e con l’altra la bottiglietta, poi più veloce sempre più veloce, cercando di raggiungere Ralph che nel frattempo si era dimostrato una lepre senza eguali. Le voci si rincorrevano “CORRI CORRI” mentre il fischio del treno rimbalzava tra i tralicci in ferro e si moltiplicava all’infinito.

Jack correva, con la spuma che schizzava via dalla bottiglietta e lo zaino che gli rimbalzava contro le ginocchia. Correvano come nessuno di loro avesse mai corso, il treno li rincorreva inconsapevole, veloce, rumoroso, le sue pesanti ruote in ferro facevano vibrare tutto il ponte. I cuori battevano come tamburi impazziti e schizzavano fino alla gola rompendo il fiato.

ARRIVA ARRIVA !!! CORRI CORRI !! SALTA SALTA…

Ralph corse come se non ci fossero altro che nuvole tra lui e il fiume, si sentiva leggero come un’anima senza peso, ora era il momento di saltare. Ralph raggiunse il bordo dall’altra parte e si lasciò scivolare lungo la massicciata di ghiaia bianca, la polvere gli si impastò con la saliva tanto da non permettergli più di gridare …” AVVRiVA.. CoVi …JAc… SaTTa...SatTA”.

Il cuore in gola, la bottiglietta nella mano destra, lo zaino nella sinistra, il treno appiccicato ai talloni che continuava a fischiare e fischiare e fischiare sempre più forte. Jack era come una pentola a pressione sul limite di esplodere.

Jack nello slancio di una corsa senza più controllo lasciò scivolare via lo zainetto e si catapultò verso il bordo del ponte a pochi metri dalla fine, li dove ancora la riva scherza con il vuoto in un irridente senso di sicurezza.

Il treno passò ragliando con tutti i suoi vagoni, come un mulo che deride due stupidi somari. La cadenza dei vagoni, uno dopo l’altro scandivano i secondi che separavano Ralph dall’inevitabile consapevolezza di aver perso il suo più caro amico in un modo tanto stupido quanto inutile. Infine con un secco rumore metallico l’ultimo vagone lasciò il ponte, le vibrazioni dei tralicci in ferro si affievolirono in un silenzio irreale fino a lasciare lo spazio ai suoni del bosco e al lento scorrere del fiume.


Continua

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

martedì 31 maggio 2016

In attesa della pioggia...



In attesa della pioggia.


Soffia il vento, asciugando la terra, inaridendo i campi, così come le anime degli uomini.
Aspettando la pioggia, jack stava seduto, tutto il giorno a guardare i campi di grano turco che a stento restava diritto.
L’aria calda, sotto il portico, seduto su una sedia di paglia, le gambe incrociate, i piedi fuori dalle scarpe, sporchi, sudati.
Il fumo di sigaretta usciva dal naso, caldo, denso, si insinuava rapido tra la folta barba sul mento per poi essere portato via dal vento.
Il cigolio del pavimento ad ogni movimento sulla sedia, sembrava il miagolio di un gatto in amore, un suono lungo, acuto, stridente, fastidioso.
Jack aspettava la pioggia, l’aspettava da tanto tempo che quasi si era dimenticato del suo odore.
Quel profumo che si avvicina nell'aria portato dal vento, quell'odore che sovrasta lentamente tutti gli altri, l’odore della pioggia, denso, quasi lo puoi toccare, lo senti, sempre più intenso, mentre si avvicina, come una colla, addensa e appiccica le molecole d’aria, una ad una, così che l’aria la puoi quasi toccare.
Il vento soffiava e non si sentiva l’odore della pioggia, da troppo tempo jack non sentiva l’odore della pioggia.
La sigaretta appiccicata alle labbra penzolava, stanca, mentre la punta si consumava sempre più veloce, aiutata dal soffiare del vento.
Inspirava il fumo ed espirava il fumo jack, mentre aspettava, con le mani che incrociavano le dita, non tanto in preghiera, quanto in attesa.
Da tanto tempo Jack aspettava, troppo tempo e mentre il granturco piegava ed ingialliva le lunghe foglie, mentre il bargiglio delle pannocchie si rinsecchiva, mentre i chicchi giallo scuro indurivano e si staccavano, cadendo al suolo, mostrando il tutolo imbrunito, Jack aspettava.
Non sapeva più nemmeno lui cosa stesse aspettando, se la pioggia che lavasse via tutto lo sporco del mondo o il calare del sole accompagnato dal sorgere di una luna pallida, degna compagna di una notte d’estate.
Arrivò la notte, jack posò la tazza di caffè sul pavimento di assi sconnesse del portico, si sedette sulla sedia, che scricchiolò, come le ossa di un vecchio e restò in attesa.
In attesa che il caffè smettesse di fumare, raffreddandosi un po’ nell’aria calda e afosa di una notte senza vento.
In attesa che si alzasse un alito di vento a rinfrescare l’aria, in attesa che quel vento portasse dal fondo dell’orizzonte delle nuvole cariche di pioggia.
La notte, illuminata a giorno dalla luna era colma di stelle nel cielo e lucciole, tra le fronde  e i fili dell’erba dei campi.
Sinfonie di suoni della notte si mischiavano con i rumori lontani della civiltà, ruote in ferro che scivolavano tra le valli, sibili di aviogetti che tagliavano il cielo, voci portate dalle onde, come in uno stagno, grande come il mondo.
Tra una sigaretta e l’altra jack aspettò tutta la notte; il sorgere del sole fu come un raggio di nuova speranza, mentre una linea di foschi nuvoloni ne rifrangevano i colori proiettandoli verso la valle.
Sentì l’umido sulla guancia, ed un sorriso gli segnò il volto, era felice, di li a poco avrebbe piovuto, finalmente.
Poco prima delle dieci di mattina, quando ancora il caldo non era padrone del mondo, il vecchio Ralph parcheggiò la sua vecchia oldsmobile di fronte alla staccionata che separava il giardino di Jack dal resto del mondo.
Ralph chiuse la portiera con un rumore sordo metallico, Jack non si mosse dalla sedia, le gambe incrociate, il sorriso sul volto, la sigaretta spenta tra le dita.
Le suole delle scarpe lucide del vecchio amico calpestavano i tre gradini per accedere al portico facendoli scricchiolare sotto il suo peso.
Jack sorrideva, mentre il vento cominciò a soffiare più forte dei giorni precedenti.
Ralph gli appoggiò una mano sulla spalla, una lacrima segnava lo zigomo del volto di Jack.
Ralph si appoggiò con le mani al parapetto, guardava l’orizzonte, le nuvole sparse si erano volatilizzate nel vento caldo.
Restò in attesa, con le nari aspirò l’aria prepotentemente per sentire l’odore della pioggia, lo sguardo si volse a quella lacrima sul volto dell’amico.
Si accese una sigaretta e restò a guardare le foglie del granturco ingiallite e le piante che a stento restavano diritte.
Sorrise Ralph, pensando a Jack, gli occhi lucidi, come campi bagnati dalla pioggia, mentre il vento caldo soffiava via la cenere nell’aria.
31/05/2016 
Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©