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mercoledì 2 agosto 2017

Novita' !! Ultimo Nuovo romanzo disponibile su Amazon !!




Quindici anni, il tempo scorre inesorabile, come la vita.
Jackson si risveglia dal torpore, dalla noia di una vita che ha lasciato il segno.
Torna sulla strada per cercare una via di fuga da quel mondo che gli sta stretto, dalla decadenza di ciò che lo circonda.
Da Hell Town un viaggio che lo porta a rimettersi in gioco, fuggendo i pensieri, le paure e le proprie speranze, ancora verso Nowhere cercando la redenzione e oltre, la dove può, forse ricominciare una nuova esistenza.

“…brandelli umidi di anime sole e tante piccole bugie arenate sulla riva, perché questo sono i sogni, sono solo bugie se non si trasformano in realtà.”

Il tempo, i ricordi, come un’onda, l’abbiamo cavalcata quell’onda, nei giorni in cui ci era permesso, quando i privilegi di cui eravamo portatori ci hanno dato l’incoscienza di surfare sulla sua cresta e vedere tutto da una prospettiva che in pochi hanno potuto apprezzare.

Tutto o niente, ora è tempo di rock’n roll.



NOVITA'





NON PERDETEVI L'OCCASIONE

DI LEGGERE QUALCOSA DI DIVERSO !! 


mercoledì 17 maggio 2017

Spuma e sassi ...




Spuma e sassi


Ralph restò con gli occhi aperti a guardare l’infinito, il vuoto del canyon era riempito solo dal silenzio irreale di una muta rassegnazione. Si lasciò cadere seduto per terra, il fiato spezzato e il cuore che batteva al limite del collasso. Un istante che durò un’intera vita percorso da pensieri e proiezioni verso un futuro che sarebbe potuto essere.

I suoni si fecero ovattati e lasciarono il posto ad un ronzio continuo, fastidioso, che gli riempieva la testa.

Il naso cominciò a colare e gli occhi lucidi si gonfiarono di lacrime, Ralph si portò le mani al volto e scoppiò in un pianto incontrollato, frammezzato da parole senza senso, senza connessione logica. L’ombra scura gli disegnò la sagoma di un corpo sui calzoni,una mano tremante gli si appoggiò sulla spalla. Jack si allungo sporgendosi sopra il corpo rannicchiato dell’amico a guardare il vuoto sotto la riva.

“Urca, che volo sarebbe stato, c’è mancato poco” sbuffò Jack, tra una pausa di riflessione e un sorso di spuma.

“Tieni, missà che ne hai bisogno di un sorso”, aggiunse porgendo la bottiglietta mezza vuota al piccolo amico.

Ralph si alzò di scatto asciugandosi gli occhi con il dorso delle mani, prese la bottiglietta e in un solo sorso finì ciò che restava della spuma.

“bell’amico che sei, te ne sei bevuto più di metà” gli disse, buttandogli le braccia al collo.

Si abbracciarono forte, a suggellare un’amicizia saldata da un’esperienza che li avrebbe uniti per sempre.

Cominciarono a ridere e a singhiozzare contemporaneamente, per la gioia, per la paura, per il fatto che ora si sentivano un po’ più grandi di poco prima, e ad aiutarli a crescere era stato lo sbuffo di una locomotiva e un paio di traversine di legno. Come su lavagne bianche il destino tracciava sulle loro anime segni con gessetto bianco, il tempo ne avrebbe cancellato la maggior parte, sostituiti da altri, ma le tracce sulla lavagna sarebbero rimaste comunque per sempre.

Decisero di proseguire la passeggiata nel bosco lungo i binari del treno, camminavano tra le rotaie al centro della massicciata, prendendo a calci i ciottoli bianco ruggine come se ormai nulla potesse più toccarli. Fu una lunga giornata, i due amici tornarono sui loro passi solo verso il tardo pomeriggio, attraversarono il ponte senza riserve, si fermarono persino a lanciare alcune pietre prese dalla massicciata della ferrovia, guardando i cerchi che trasportati dalla lenta corrente si perdevano fino ad infrangersi sulle rive.

Recuperarono la bicicletta di Ralph che la spinse senza salirci sopra fino al limitare della radura, li dove la ferrovia curvando esce dal tunnel e si proietta verso la città

Si separarono, Ralph montò in sella alla sua bicicletta e jack si sistemò bene lo zainetto sulle spalle.

Con un semplice saluto con la mano alzata si accomiatarono l’uno dall’altro.

“Ciao Jack, ci si vede domani”disse Ralph.

“Domani non posso, devo accompagnare mia madre dal dottore”, rispose Jack.

“allora magari dopodomani?” aggiunse appoggiando il piede sul pedale.

“Si, magari dopodomani”.

“Ciao Jack”

“Ciao Ralph…, ci si vede”.

Con pochi colpi di pedali Ralph si allontanò dall’amico che a piedi tornava in città, lungo le stradine di terra impolverate, mentre il sole ancora alto cambiava lentamente colore alle spighe di grano, alle foglie mosse dalla brezza, alla polvere alzata dalla strada.


Continua

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

martedì 16 maggio 2017

Corri uomo ...corri... (in attesa della pioggia)





Corri uomo....corri...


Le gambe tremavano come foglie mentre il cuore batteva al ritmo forsennato di un frenetico pezzo di rock’n roll. Ralph e Jack procedevano piano attenti a posare i piedi sopra le traversine sospese, con le mani si aiutavano ora tenendosi aggrappati ai piloni coperti di rossa ruggine, ora allargando le braccia come per tenersi in equilibrio.

Jack era un paio di passi più avanti, ogni qualvolta appoggiava la pianta del piede si voltava poi ad assicurarsi che l’amico lo stesse seguendo, forse più per farsi coraggio che per preoccupazione.Giunti quasi alla metà del ponte si fermò in attesa che Ralph lo raggiungesse, sbruffone, baldanzoso e spregiudicato, Jack si affacciò al bordo del ponte per dimostrare tuta la sua incoscienza.“Dai Ralph, muoviti, non posso mica stare tutto il giorno qui ad aspettarti”, gli gridò con il sorriso stretto tra i denti.

Ralph dal canto suo non aveva poi così fretta di correre, l’incoscienza lasciava il posto ad una commisurata consapevolezza che ciò che stavano facendo era tanto stupido quanto pericoloso e questo lo portava ad essere cauto e attento a non commettere banali imprudenze di cui non avrebbe avuto modo di pentirsi.

“Eccoti finalmente, amico mio, ce ne hai messo di tempo !” disse Jack al sopraggiungere di Ralph

“Ringrazia dio che sono qui, non è proprio una passeggiata”, gli rispose con la voce rotta dall’eccitazione.

“Dammi da bere, ne ho bisogno”, chiese Ralph .

“Lo hai tu lo zaino” affermò con stupore l’amico.


I due si guardarono reciprocamente le spalle, come se fosse un gesto naturale, ma lo zainetto restava lì, appoggiato tra i fili d’erba sul bordo della pista ferrata, in terra sicura.

“Oh no….sei il solito idiota...” borbottò Ralph, “..ora ci torni tu indietro a prenderlo”

“ Col cavolo…” rispose Jack.

“Io non ci torno indietro, lo zaino è il tuo e sono sicuro che se torni a casa senza tua madre te ne farà passare delle belle !!”

Fece un sospiro profondo, poi sbuffò come un treno in corsa, Jack si staccò dal pilone in ferro e cominciò a tornare indietro, passo dopo passo, traversina dopo traversina. Ralph restò lì, al centro del ponte, lentamente si sedette sul bordo di una traversina, con le gambe penzoloni sul vuoto e le mani saldamente aggrappate all’intelaiatura in ferro del ponte. Di tanto in tanto si girava verso l’amico che procedeva con passo lento ma sicuro verso la riva e gli gridava con un sinistrò quanto irridente sfottò “muoviti lumacone !!!”.

I pensieri di Jack si rivoltavano nella sua mente come calzini sporchi, tra la rabbia di essere stato così fesso da dimenticare lo zaino e la consapevolezza di essere tanto in gamba da permettersi di fare avanti e indietro lungo il ponte, cosa che forse era più semplice per lui che passeggiare nel centro città mentre tutti lo guardavano giudicandolo con gli sguardi. Jack arrivò all’ultima traversina, con un balzo la saltò, si girò verso Ralph e cacciando un urlo liberatorio alzò le mani al cielo in segno di vittoria.

In realtà le gambe molli e il fiato corto lo facevano sentire spossato, come se avesse corso per miglia e miglia. Raccolse lo zainetto e prese un’altra bottiglietta di spuma rossa, la stappò usando i denti con il rischio di rovinarseli tutti, ma in quel momento di euforica vittoria era il suo modo di dimostrare quanto fosse un vero duro.

Diede una bella sorsata, alzando la bottiglietta in alto all’indirizzo dell’amico, in quel momento la sua superbia era pari a quella di Allan Quatermain davanti all’ingresso delle miniere di re salomone, si sentiva inarrivabile. “Dai muoviti !! “ gli gridò Ralph da mezzo il ponte, “…non vorrai mica festeggiare da solo !!”

“Arrivo, Arrivo”, bofonchiò Jack, subito richiamato all’ordine dalla perentoria voce seria di Ralph. Più sicuro di prima, ritornò sui suoi passi e riprese a camminare sul ponte, sbeffeggiando l’amico saltellando ora avanti ora indietro sopra le traverse delle rotaie. Il tempo però scorre e sbuffa e fischia come un treno che viaggia diritto sui suoi binari. Ralph sgranò gli occhi non appena vide lo sbuffo di fumo nero uscire dalla galleria in lontananza, si alzò veloce in piedi e cominciò a muovere le braccia e a gridare “ MUOVITI…MUO VI TI , JACK CORRI !!!!”.

“Che fai ora non esagerare, sto arrivando !!” rispose stizzito Jack. “IL TRENO JACK, IL TRENO !!!” gridò Ralph mentre alzatosi in piedi cominciava a saltellare tra una traversina e l’altra. Jack si voltò non appena sentì il fischio che come un proiettile passò da una e riva all’altra saltando per intero il burrone.

Cominciò a saltellare veloce tenendo con una mano lo zaino e con l’altra la bottiglietta, poi più veloce sempre più veloce, cercando di raggiungere Ralph che nel frattempo si era dimostrato una lepre senza eguali. Le voci si rincorrevano “CORRI CORRI” mentre il fischio del treno rimbalzava tra i tralicci in ferro e si moltiplicava all’infinito.

Jack correva, con la spuma che schizzava via dalla bottiglietta e lo zaino che gli rimbalzava contro le ginocchia. Correvano come nessuno di loro avesse mai corso, il treno li rincorreva inconsapevole, veloce, rumoroso, le sue pesanti ruote in ferro facevano vibrare tutto il ponte. I cuori battevano come tamburi impazziti e schizzavano fino alla gola rompendo il fiato.

ARRIVA ARRIVA !!! CORRI CORRI !! SALTA SALTA…

Ralph corse come se non ci fossero altro che nuvole tra lui e il fiume, si sentiva leggero come un’anima senza peso, ora era il momento di saltare. Ralph raggiunse il bordo dall’altra parte e si lasciò scivolare lungo la massicciata di ghiaia bianca, la polvere gli si impastò con la saliva tanto da non permettergli più di gridare …” AVVRiVA.. CoVi …JAc… SaTTa...SatTA”.

Il cuore in gola, la bottiglietta nella mano destra, lo zaino nella sinistra, il treno appiccicato ai talloni che continuava a fischiare e fischiare e fischiare sempre più forte. Jack era come una pentola a pressione sul limite di esplodere.

Jack nello slancio di una corsa senza più controllo lasciò scivolare via lo zainetto e si catapultò verso il bordo del ponte a pochi metri dalla fine, li dove ancora la riva scherza con il vuoto in un irridente senso di sicurezza.

Il treno passò ragliando con tutti i suoi vagoni, come un mulo che deride due stupidi somari. La cadenza dei vagoni, uno dopo l’altro scandivano i secondi che separavano Ralph dall’inevitabile consapevolezza di aver perso il suo più caro amico in un modo tanto stupido quanto inutile. Infine con un secco rumore metallico l’ultimo vagone lasciò il ponte, le vibrazioni dei tralicci in ferro si affievolirono in un silenzio irreale fino a lasciare lo spazio ai suoni del bosco e al lento scorrere del fiume.


Continua

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

mercoledì 3 maggio 2017

…uomini o topi… (in attesa della pioggia)… continua


Uomini o topi....

Il sinuoso boa verde si scrollò di dosso le piccole ondine create dalla bottiglia come un cavallo si scrolla le mosche di dosso con un fremito della pelle.
Niente più che una breve ed intermittente modificazione dello stato di quiete, tutto qui.
Ralph e Jack si guardarono negli occhi e riguardarono il fondo del canyon e si riguardarono nuovamente negli occhi.
Jack fece una piccola smorfia con la bocca accompagnandola con un piccolo movimento di spalle, come a sottolineare che in fondo si trattava di una sciocchezza, nulla più che un fiume verdastro che scorre in fondo ad un burrone.
Forse non aveva tutti i torti, ma Ralph la pensava, allora, in maniera differente e i pensieri negativi si affollarono nella sua mente, tra l’istinto di sopravvivenza e l’incoscienza di un’età che ti mette di fronte al mondo, facendolo sembrare un luna park.
Le mani di entrambi si strinsero a suggellare un patto già benedetto dal sorso della cola, poi, Ralph,  tirandosi su i calzoni, infilando le dita nelle asole, disse a Jack con voce compatta e tono serioso : “Allora , facciamola sta cosa e non parliamone più!”.
Jack ebbe un piccolo sussulto, forse aveva immaginato una decisione diversa, forse avrebbe voluto che Ralph fosse più titubante, più timoroso, ma no, non lo fu.
“Si, Facciamola e non parliamone più” rispose a Ralph.
La decisione fu presa, ma nessuno dei due mosse un passo, quasi ad attendere che fosse l’altro a incedere per primo, si guardavano lanciandosi piccoli segnali non verbali, un piccolo movimento di sopracciglie, un lieve schiocco delle dita, il piede che striscia per terra segnando un piccolo solco scuro sul tappeto di erba secca, la mano che scivola tra i capelli a massaggiarsi la nuca.
Infine come un'unica anima, si mossero contemporaneamente, tanto che quasi le teste finirono per cozzare l’una contro l’altra.
“dai vai avanti tu”, suggerì Ralph,  più per educazione che per rispetto nei confronti dell’amico.
“Certo che vado avanti io” Rispose altisonante Jack “..io sono più vecchio di te!”
“No, sono più vecchio io, ma non fa niente, vai avanti tu”, ribattè Ralph.
L’erba secca gracchiava sotto il loro piedi, come uno scrosciante applauso. Si fecero largo tra le basse fronde che costeggiavano la massicciata di ghiaia bianca su cui riposavano le lunghe e pesanti rotaie.
Nessuna barriera, nessuna recinzione a proteggere gli incoscienti e insani malcapitati che  si trovavano a passare di li, ma del resto l’attenzione e la sicurezza ai tempi erano lasciati al buon senso e alla paura, se non c’è un limite perché superarlo.
Di sicuro le intensioni dei due andavano ben oltre la normale concezione di sfidare il pericolo solo per il gusto di farlo, la loro era una sorta di iniziazione, in fondo siamo uomini e non topi, come qualcuno disse.
Il sole caldo proiettava i propri raggi tra le travi del ponte che in un’unica campata attraversava il fiume, rimbalzavano lucidi sulle rotaie per perdersi nell’infinito.
 I due amici si avvicinarono silenziosamente al bordo del ponte, fino a fermarsi li, tra il limite , li dove finisce la terra e comincia il vuoto del cielo.
Le rotaie si estendevano diritte lungo tutto il ponte, appoggiate ad assi di legno imbrunite dalla ruggine e dallo sporco, assi nere, che si confondevano con le ombre proiettate dai tralicci in ferro.
Il primo passo fu simultaneo, si mossero all’unisono, come un sol uomo.
Subito dopo il secondo, poi un terzo e un quarto e un quinto passo, uno dietro l’altro, sicuri, insieme sembrava non essere tutto sommato una cosa così complicata.
Tra un asse e l’altro si vedevano le fronde dei cespugli che crescevano sotto la campata, sul limite della riva, ma al passo successivo un brivido colse entrambi, tanto da far tremare le ginocchia e far sentire il cuore battere più velocemente, la scossa di adrenalina che li pervase fu come una doccia fredda.
Ora tra un asse e l’altro non si vedeva che il vuoto, ora si che la cosa si faceva complicata.
La paura fece gelare loro il sangue e come una lucertola infreddolita le loro gambe esili si muovevano a rilento, insicure, le ginocchia vibravano come quelle di un vitellino nel suo primo tentativo di sollevarsi in piedi.
Gli occhi sgranati scrutavano attentamente dove poggiare la suola delle scarpe e contemporaneamente lanciavano uno sguardo atterrito alla sottile linea verde che non ricordava più nemmeno vagamente un fiume.
La paura fa brutti scherzi, su questo non avevano dubbi.



Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

mercoledì 1 febbraio 2017

CrAcK ... "Cose che si rompono" di Roberto Bonfanti - Recensione



RECENSIONE



Sono state giornate pesanti, tra il lavoro, gli impegni vari e quella sensazione di voler fare sempre quel qualcosa in più senza riuscirci veramente. Come quasi ogni giorno, oggi ho fatto una levataccia, la giornata grigia e umida, quell’umidità che ti fa percepire il tempo più freddo di quel che è realmente e che ti penetra come un coltello nelle ossa.


Per fortuna sono un “libero” professionista e come tale, ogni tanto posso far valere quella libertà di poter decidere come impegnare parte del mio tempo. Disdico l’appuntamento che avevo nel pomeriggio e resto a casa.


Metto su un disco di Chris Robinson e mi siedo sul divano, una tazza di caffè nero appoggiata sulla vecchia cassa di legno che fa da “appoggia tutto”, oggi ho voglia di finire il libro di Roberto Bonfanti, “Cose che si Rompono”.

Leggo e tutto intorno si fa scuro, le pagine scorrono veloci e la mente si proietta a capofitto, come attratta in un vortice, nella storia.

Sono agli epiloghi, gli atti conclusivi e finalmente tutti i pezzi come in un rewind cinematografico tornano al loro posto, uno dopo l’altro e la tazzina volata giù dal tavolo ritorna intatta.

La storia raccontata magistralmente da Bonfanti nel suo precedente romanzo “La vita è dura nei dettagli” qui prende una piega caotica (Treccani - Caos: Grande disordine, confusione, di cose o anche d’idee, di sentimenti) e complicata, quella che sembra una vita all’apparenza normale e tranquilla in realtà non lo è per nulla. Proprio come cocci, come i pezzi rotti sparpagliati per terra, non si riesce ad avere un’idea di quella che è la realtà delle cose, l’oggetto rotto perde la sua forma, i suoi tratti, solo alla fine una volta incollati tutti i pezzi si riesce ad avere l’immagine di insieme.

Tra sogni ed incubi ricorrenti, come fratture dell’anima, i personaggi si arricchiscono e crescono insieme alla storia e Claudio, qui il protagonista, suo malgrado fa i conti con quello che la vita da e la vita prende.

Si ritrova alla fine a raccogliere i pezzi di molte vite vissute, cercando conforto, anche, in un amore che deve fare i conti con il suo passato, con le esperienze vissute, con le cose rotte e mai aggiustate, con un futuro di cui in fondo si ha paura. Un Romanzo da leggere, che non si può racchiudere in una semplice recensione, un romanzo dalle mille sfaccettature che deve essere anche letto tra le righe.


Ogni racconto parla di un viaggio sotto diversi aspetti, qui forse il viaggio è quello più difficile perché è la vita stessa ed è come una strada con troppo traffico e tanti autisti maldestri, prima o poi qualcuno finisce per sbatterci il muso e rompersi qualcosa.

Però, in fondo se le cose rotte non si possono più aggiustare, la cosa più semplice da fare e di comprarne di nuove.

Già, alla fine , tutto sommato, basta prendersi il pomeriggio libero e andare a fare un giro con se stessi con il culo appoggiato sul sellino di una moto o restare a leggere un buon libro, dimenticandosi dei cocci sparsi per terra e del latte che macchia il tappeto.

Non posso far altro che dire BRAVO, dopo la “vita è dura nei dettagli”, Bonfanti non si perde, anzi costruisce una storia difficile, complicata, dalle mille sfaccettature e colpi di mano, la trama raffinata e originale, il modo di scrivere che non si perde e resta quello matematicamente caotico del prequel, un modo di scrivere che ti avvolge trasportandoti fino alla fine, anzi che ti spinge a finire il romanzo per capire il senso di tutto ciò che si è letto.

Un libro “Cose che si rompono” che riesce a farti restare a casa un pomeriggio della settimana, lasciando tutto il mondo fuori, che posso dire di più, non ci riusciva nemmeno la mia ex.

Assolutamente consigliato.
Massimo Ginestri


venerdì 17 giugno 2016

...stecco alla liquirizia, grazie.... ...continua...

...continua...


Le casette si susseguivano come un avamposto della civilizzazione, piccoli giardini piantumati ricchi di fiori e piante, era questo un bel biglietto da visita per chi entrava in città passando dalle campagne.
Ralph rallentò incrociando il passaggio a livello, le sbarre a strisce bianche e rosse erano alzate, l’omino nella guardiola non lo notò nemmeno mentre lentamente passava sopra i binari.
Si fermò per qualche istante proprio nel mezzo, guardò a destra e a sinistra, i lunghi binari luccicavano alla luce del sole, quasi in sego di sfida, sprezzante del pericolo, proprio come un cavaliere a cavallo di un nero destriero, Ralph fece spallucce e si rimise a pedalare lungo la strada che portava verso il centro abitato.
Non era molto pratico della città, del resto in città ci andava a scuola la mattina e qualche volta la domenica accompagnando suo padre a comprare le paste  o a fare la spesa nell'unico grosso supermercato allora presente in centro, vicino alla stazione ferroviaria.
No, Ralph non era ometto da città, lui era pratico delle campagne, del suo regno attorno alla casa di campagna dove era nato.
Si sentiva come un pesce fuor d’acqua, avrebbe voluto essere un ragazzo di città, girare per i vicoli, arrampicarsi sui muri tra i cortili, salire sui tetti delle case,  far parte di quei racconti che i compagni di scuola gli narravano ogni giorno.
Ralph non era un ragazzo di città e lo sapeva bene, ma questa avventura avrebbe potuto raccontarla ai suoi compagni una volta tornato a scuola dopo le vacanze estive.
La strada si trasformò in via, senza che Ralph nemmeno se ne accorgesse, si ritrovò dentro la città come per incanto, come attraverso uno specchio.
Il mondo che gli si presentava davanti era  così diverso,  i rumori, i suoni, gli odori, i profumi, tutto era così nuovo, la città vista la mattina presto era, per Ralph,  una scoperta nuova, un cosmo di nuovi stimoli e attrazioni, tutto attirava la sua attenzione, la gente, le auto, i negozi, la vita stessa della città era un continuo esaltante bombardamento di nuove sensazioni.
Pedalava lentamente, stando attento alle macchine, procedeva a bordo via, distratto dalle persone che camminavano sui marciapiedi, dai bambini che correvano attraversando veloci la strada per scomparire nei cortili interni tra un palazzo e l’altro.
Non riusciva  a trovare nessun punto di riferimento conosciuto,  girare a vuoto lo rendeva particolarmente nervoso e preoccupato, l’orologio correva veloce anche se il tempo sembra scorrere così lentamente tra le luci e le ombre della città.
Ralph prese la decisione di fermarsi, salì con la bici sul marciapiede, si diresse verso l’insegna di un bar, i piccoli tavolini rotondi, colorati di rosso erano circondati da variopinte sedie in plastica colorata,  gialle, azzurre, rosse, verdi.
La seduta ricordava quella di sedie impagliate, ma erano fatte con morbidi, spessi fili di in plastica, attorcigliati a cromati tubi di ferro.
Appoggiò la bicicletta al muro e come un viaggiatore esperto, come un cliente abituale si sedette su una di quelle colorate sedie, appoggiò lo zainetto sulla sedia di fronte e attese che qualcuno venisse a prendere un’ordinazione.
Sembrava un piccolo ometto, serio, attento, per nulla imbarazzato e per nulla teso, almeno all'apparenza.
Aspettò un po’, poi si alzò dalla sedia e si diresse verso un’insegna in alluminio, sul marciapiede, vicino alla vetrata del bar, c’erano le foto di gelati di ogni tipo, coni rotondi con pralinato alle nocciole, coni classici al gusto crema e cioccolato, coppe ricche di gusti, alla frutta, al caffè, ghiaccioli multicolori e persino un gelato con lo stecco in liquirizia che potevi mangiare.
Sull'altro lato dell’insegna c’erano le foto di torte gelato e grossi barattoli uso famiglia, l’imbarazzo della scelta era tanto, c’erano fin troppi gelati da poter scegliere.
Ralph controllò i prezzi, perché indipendentemente dal gusto quello che veramente contava era se lui se lo poteva permettere, senza intaccare troppo i soldi risparmiati con tanta parsimonia.
Sentì bussare contro il vetro, il barista fece un cenno con la mano, come per chiamarlo all'interno del locale, Ralph si scostò indietro, lasciò passare qualche istante poi mise piede dentro il bar.

Il bancone era così alto che Ralph non riusciva quasi ad appoggiarci le mani sopra, prese di tasca un paio di monete e chiese al barista il gelato con lo stecco alla liquirizia.

Continua

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

martedì 14 giugno 2016

... continua ... lavarsi l'anima ...


... continua ...

Ralph percorse quel piccolo sentiero stretto, appena segnato, scese dalla bici e cominciò a spingerla, facendosi largo tra le fronde di salici rossi che crescevano diritti e fitti segnando il limite della selva e l’inizio del letto del fiume.
Le pietre sul sentiero sempre più numerose, sempre più grosse rendevano difficoltoso spingere la bici seguendo un percorso diritto.
Ralph superò le ultime fronde e si trovò di fronte al fiume, largo, lento, l’acqua scura e intensa, il silenzio era l’unico suono che si udiva in quell’angolo di mondo che era ciò che più si avvicinava alla sua idea di paradiso.
Lasciò cadere la bici per terra, si tolse lo zaino dalle spalle e lo appoggiò sopra i raggi della ruota, saltellando tra una bianca pietra e un’altra si avvicinò all’acqua.
Ralph seguì con lo sguardo il letto da monte a valle, scrutando la riva opposta, in quel punto il fiume si allargava di molto, formando una specie di lago naturale.
Più a valle avrebbe dovuto attraversare e la sua speranza era che ci fosse un ponte o una diga su cui passare sopra.
Si tolse le scarpe e le corte calze di cotone aggredite dai semi di bardana e  nappola che cresceva rigogliosa in quell’ambiente caldo e umido, appoggiò la maglietta sporca di macchie di terra ed erba sul sellino della bici e lentamente entrò nell’acqua.
Un brivido salì lungo la schiena di Ralph, l’acqua era ancora fredda, camminò fino ad arrivare a farsi coprire le ginocchia, il limo sul fondo si alzò come una nuvola di latte dentro una calda tazza di tè, ad ogni suo passo.
Ralph si sciacquò le mani, le spalle, la faccia, più restava immerso nell’acqua e più diventava piacevole.
Passò delicatamente le mani sopra i garretti, massaggiandosi i graffi e le escoriazioni, quella sensazione di bruciore e dolore quasi piacevole gli facevano venire la pelle d’oca.
Restò fermo, lasciando che la debole corrente che scorreva vicino alla riva portasse via il fango sospeso, l’acqua trasparente, i piedi semi coperti dal lieve strato di limo del fondo venivano bersagliati dai delicati morsi dei minuscoli  barbi e cavedani, incuranti del pericolo, indifferenti alla presenza di Ralph.
Un lieve movimento e l’acqua tornava ad intorpidirsi, Ralph fece ancora qualche passo in avanti, l’acqua gli bagnava quasi i calzoncini corti, era così bello restare in mezzo al fiume immerso in quel silenzio così naturale.
Al centro di quello slargo, così simile ad un lago, piccoli anelli di acqua si formavano ogni vola che i pesci più grandi si nutrivano degli insetti sul pelo dell’acqua.
La natura, il cinguettio continuo di decine di uccelli tra le fronde degli alberi che si addossavano alle due rive, il riflesso del sole che si frastagliava tra le onde, il volo radente delle iridescenti libellule, tutto era pace e bellezza, un tempo infinito, un istante lungo come il fiume.
Ralph fu quasi dispiaciuto di non potersi fermare a fare un bel tuffo, ma la giornata era lunga e i suo obiettivo era decisamente un altro.
Tornò a riva salendo sulle pietre intiepidite dal sole per non sporcarsi i piedi di limaccio, si asciugò i piedi alla bell’e meglio, si rinfilò i calzini pulendoli dai fastidiosi semi che ci si erano aggrappati, infilò le scarpe e dopo averla scrollata indossò la maglietta.
Riprese a percorrere a ritroso il sentiero fatto, lo zainetto sulle spalle gli dava fastidio alla spalla sgarrupata, i graffi sulle gambe e le punture di ortica ricominciarono a dargli fastidio, le sonnolenti zanzare  del sottobosco cominciarono a sentire l’odore di quel lauto banchetto e fu così che Ralph cominciò a passo svelto a spingere la bici verso la stradina principale.
Appena gli fu possibile, salì in sella e cominciò a pedalare come un indemoniato.
Veloce percorreva quella stradina che lentamente si allontanava dalla riva del fiume, gli alberi si facevano sempre più radi, file di pioppi neri delimitavano il margine del bosco con una matematica precisione, fino a terminare la loro corsa ai limiti di un prato coltivato.
La luce imperava sulla radura, il grano maturo rifletteva di giallo oro i raggi del sole abbagliando la vista di Ralph .
La stradina umida e scura lasciò il posto a una strada sterrata, asciutta e polverosa, rosso ocra, al cui centro crescevano rigogliose le erbe di campo.
Gli ultimi Papaveri rosso fuoco e il profumo in fiore della camomilla adornavano i bordi del campo di grano ai lati della strada.
Il vento sulla pelle e la polvere che si attaccava alle umide gambe, Ralph cominciò a gridare a squarcia gola, poi il grido si trasformò in un canto, il ritmo delle pedalate diminuì e il canto si trasformò in un fischiettio lieto e tranquillo, il sole alto scaldava le spalle, il dolore al polso era sparito, Ralph era felice e la città era sempre più vicina.

Continua

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

lunedì 6 giugno 2016

Vortice di pensieri... continua...


...Continua...

I giorni trascorrevano caldi e lenti, come ogni estate.
La scuola era appena finita e una strana sensazione pervadeva l’animo di Ralph, si sentiva come se le giornate fossero eternamente lunghe, con quell’inebriante piacere di dormire fino alle nove del mattino e poi ritrovarsi a trascorrere le lunghe ore della giornata come se non finisse mai.
Le giornate d’estate erano tutte così , piene di luce, l’aria calda riempiva ogni spazio, spesso talmente calda che Ralph si sentiva soffocare, ma allo stesso tempo quella sensazione lo riempiva di felicità, come quella sensazione di dolore quasi piacevole, che ti fa sentire vivo e godere a pieno delle sensazioni della vita.
Più di tre mesi da trascorrete tra un tuffo al fiume, le corse nei prati e l’ascoltare i suoni della notte masticando un rametto verde di foglie di robinia, questo gli sarebbe spettato nelle settimane a venire.
Ralph benché fosse solo un bambino sapeva dentro di se che avrebbe rimpianto queste estati, questi momenti cosi pieni di inebriante felicità, momenti che sarebbero stati irripetibili e molto probabilmente, difficilmente eguagliabili.
Raramente Ralph tornava in città, troppo costoso prendere il torpedone tutti i giorni e troppo calda la città per trascorrerci le giornate, ma avrebbe voluto tornarci per provare  a rivedere quel ragazzino che lo aveva così colpito, era curioso, forse nemmeno lui sapeva perchè.
In realtà Ralph avrebbe voluto sentirsi dire grazie e girare con la testa alta e il petto all'infuori per il gesto che aveva fatto, avrebbe voluto sentirsi dire grazie e pavoneggiarsi un po’.
Non sarebbe mancata occasione di tornare in città, ma ora, i primi giorni di vacanza erano così dolcemente inebrianti, erano così tante le cose che Ralph avrebbe voluto fare in quei primi giorni, così tante da perdersi confusamente a fare niente tutto il giorno, se non giocare con la vita.
E le giornate trascorrevano dolci e liete, masticando le foglie di robinia seduto a gambe incrociate sul dondolo sotto il portico, tra il cigolio della catena e il sussurrare del vento tra le persiane aperte.
Dopo mangiato Ralph si coricava sul letto, la finestra aperta, le persiane socchiuse e la tenda bianca con il bordo in pizzo ricamato che dondolava cullata da vento caldo.

Restava per delle ore a fissare il soffitto, fantasticando, volando con i pensieri e la fantasia oltre i confini del mondo reale, attraverso gli spazi e i mondi infiniti che uno ad uno si generavano nella sua testa come un vortice che risucchiava il tempo, lo spazio, i sogni.

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

venerdì 3 giugno 2016

Vortice di pensieri.... continua


....continua....

Quando arrivò a casa quel giorno Ralph fu più euforico del solito, corse in casa con bear, un meticcio dal colore grigio striato, che gli saltellava intorno abbaiando.

Era nato lì, un incrocio tra un alsaziano e un cane da pastore, era un cane giovane e forte, ma purtroppo il cimurro lo aveva reso mezzo cieco, sbatteva il muso contro le cose, soprattutto quelle lasciate in giro o fuori posto.

Ralph entrò in casa come un fulmine, bear si fermò sulla soglia, non c’era verso che entrasse, nemmeno a tirarlo dentro con la forza, cosa che Ralph tentava di fare di quando in quando, per avere compagnia durante le lunghe giornate noiose di inverno.

Era quasi mezzogiorno, il profumo delle polpette che cuocevano sul fuoco inondava la cucina, Ralph adorava le polpette, ma quel giorno era distratto, eccitato a tal punto da non salutare nessuno ne tantomeno preoccuparsi delle polpette al sugo.

A balzi di tre, salì i gradini delle scale e andò in camera sua, chiuse la porta dietro di se, si buttò carponi sotto il letto e tirò fuori una scatola di scarpe in metallo, la aprì, era colma di cianfrusaglie di ogni tipo, oggetti recuperati per la strada, abbandonati, persi o buttati.

Prese un libretto fatto di fogli di carta usata, tenuti insieme con due grossi punti di pinzatrice, erano scarabocchiati, con disegni e appunti di ogni tipo.

Ralph prese la matita dalla scatola e cominciò a scrivere, si segnò il giorno, ciò che era accaduto, un piccolo schizzo della scena e con sottolineata la scritta : “Oggi ho fatto una buona azione”.

Chiuse tutto nella scatola e la spinse in fondo, sotto al letto, poi si alzò scrollandosi di dosso la polvere dalla maglietta, uscì dalla stanza e scese le scale fino in cucina.

Il profumo delle polpette era inebriante, Ralph adorava le polpette al sugo.

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

mercoledì 25 maggio 2016

IBS Best 100 Books -

 IBS best 100

Curiosa tra i 100 libri più veduti su IBS: IBS best 100



TitoloNel cuore della strada... la vita in viaggio
AutoreGinestri Massimo
Prezzo
Sconto -15%
€ 11,82
(Prezzo di copertina € 13,90)
Dati2015, 96 p., ill., brossura
EditoreEuropa Edizioni (Roma)  (collana Edificare universi)

Normalmente disponibile per la spedizione entro 3 giorni lavorativi

lunedì 16 maggio 2016

Romanzo

"Nel Cuore della Strada ...La vita in viaggio"

Europa Edizioni  - 25  maggio 2015

Di Ginestri Massimo

«SEI MAI STATO OLTRE IL CONFINE?»
«MOLTE VOLTE, FORSE ANCHE TROPPE.»
«DA CHE PARTE OLTRE IL CONFINE?»
«DOVUNQUE. OGNI VOLTA UN POSTO DIVERSO.
  OGNI VOLTA LO STESSO POSTO.»

C’è una strana poesia dietro la decadenza. È così ed è sempre stato così. I
grandi poeti lo sapevano e l’hanno sfruttata senza farsi troppi problemi. Anche in queste pagine c’è una strana poesia. Viene sempre da quel senso di decadenza che accompagna le storie di strada, le storie di quella gente che si trova dalla parte opposta a chi è “arrivato”.
Bassifondi in cui rubare un sacchetto di marijuana significa che qualcuno finirà molto male. Impietosa, bastarda, maledetta e meravigliosa storia di strada.
Da qui a Nowhere, attraverso un deserto senza distributori di benzina, e poi magari fermarsi ad Overthere, scoprendo che dietro ogni nome ed ogni riferimento c’è qualcosa da capire...

In vendita su tutte le librerie On line !

"Oltre il nulla"

Oltre il nulla.

Dopo quindici anni, Jey si risveglia dal suo torpore e dalla sua disperazione e si rimette in viaggio.
Esce di casa, torna a rivedere il mondo con occhi diversi, pervaso da una speranza di rinnovamento.
A bordo della sua auto riprende il suo viaggio, interrotto anni prima, con un obbiettivo ben preciso, fuggire la triste realtà di decadenza della società e prendere il
volo, con qualsiasi mezzo.

Questo è il seguito di "nel cuore della strada.." un romanzo che vi trascinerá sulla strada con la forza dei sogni, tra musiche e suoni rock, tra poesia e dramma... un romanzo in 3D che vi  trasporterà nel mio mondo attraversando  la linea sottile che separa  l'anima dal corpo.