lunedì 13 giugno 2016

V.d.P. ..preti... ruote e spine .... continua....


...Continua...



Il chiaro scuro, generato dai raggi del sole che filtrava attraverso le fronde, l’aria fresca che saliva dal fondo del bosco, i profumi inebrianti della natura e dell’estate che avanzava imperiosa un giorno dopo l’altro, questo era per Ralph il gusto di vivere.
Sentiva dentro di se la piacevolezza, la semplicità di esistere e di godere a pieno di ogni istante, tutto questo era per Ralph la consapevolezza dell’esistenza di un mondo ancora tutto da vivere e da scoprire.

La vita gli avrebbe insegnato suo malgrado che c’era molto di più al di sotto di quella sottile crosta di innocenza, ma non era questo il momento, non era ancora il tempo di riempirsi di cicatrici, di rimpianti, di delusioni e voglia di riscatto, questo era semplicemente il momento di vivere la vita e di questo Ralph in un modo o nell’altro ne era consapevole, talmente consapevole che non voleva nemmeno pensare al futuro, il presente era più che sufficiente e aveva tutto ciò che gli occorreva, in quel preciso istante.
I chilometri che lo separavano dalla città erano una decina, poca roba per un autobus di linea, ma un viaggio vero e proprio se percorso sulla sella di una vecchia bici attraversando le campagne.
La strada sterrata proseguiva fiancheggiando il bosco, correva quasi parallela al fiume, l’odore dell’umido della riva saliva forte, mischiandosi a quello pungente delle fronde del sambuco, creando un mix difficilmente confondibile e assolutamente indimenticabile.
Uno di quegli odori che si impressionarono nella memoria di Ralph, alla stregua di un’impronta genetica dell’anima, dello spirito, un odore talmente caratteristico da identificare l’estate come un’entità precisa.
Pedalava Ralph, tra i profumi dei fiori di rosa canina, tra l’umido delle ortiche e i preti che volavano attraversando la stradina, Ralph ricordava che il nonno gli avesse detto portassero sfortuna, non che la cosa lo preoccupasse, ma sapeva che in un modo o nell’altro le vecchie tradizioni avevano un fondo di verità e nel dubbio sarebbe stato meglio evitare di investirne uno. Cominciò così un balletto strano, Ralph cercava continuamente di scansare quelle nere falene diurne, dalle tipiche ali a pois, facendo continuamente lo slalom da una parte all’altra, stancandosi probabilmente più del dovuto, fino a non riuscire più tenere la bici con energica fermezza.
Le gomme strette, umide e sporche del limo appiccicoso, finirono per non fare più molta presa sul terreno e all’ennesima brusca sterzata, la ruota scivolò di traverso, le mani abbandonarono il manubrio, i piedi scivolarono giù dai pedali nel vano tentativo di restare in piedi, ma fu tutto così rapido e inaspettato.
Il manubrio si piegò seguendo la ruota, il telaio si piantò per terra e Ralph fu letteralmente catapultato in avanti, come un sacco di patate lanciato sul vano di un furgoncino.
Non si rese nemmeno conto di quanto stesse accadendo, tanto fu rapido il momento.
Si ritrovò a rotolare tra le ortiche, con la bicicletta che ribalzando gli passò poco di fianco, per finire ad incastrarsi tra i giovani fusti di robinia e un filare di pioppi neri.
Ralph si alzò dolorante al polso, le ginocchia sbucciate e un livido sulla coscia, sentiva un forte bruciore alla spalla, si sollevò la maglietta e con la mano andò a tastare la zona dolorante.
Sentì caldo e umido e capì subito che di li a qualche giorno avrebbe avuto una bella crosta da grattare.
Il sudore improvviso comparì su tutta la pelle, come per magia o per maledizione, visto che ora era sporco, sudato, graffiato e con braccia e gambe piene di bolle da ortiche.
Sollevò la bicicletta tirandola con forza per districarla dai rovi che si erano attorcigliati attorno ai raggi e ai pedali, alzandola in piedi la fece rimbalzare sulle ruote, vibrò tutta in un rumore metallico.
La situazione era assai complicata, la difficoltà a camminare tra quei rovi, il manubrio storto, il dolore al polso, il prurito alle gambe e quel dannato sudore che si appiccicava allo sporco rendevano ogni sforzo di uscire dalla riva immensamente pesante.
Ad ogni passo i fili di rampicanti irti di minuscole spine ad uncino graffiavano i garretti delle esili gambe di Ralph, andando ad infierire ulteriormente su un corpo piuttosto provato.
Ad ogni passo si graffiava e più cercava di districarsi più continuava inesorabilmente a graffiarsi. Le smorfie di acuto dolore gli facevano stringere i denti e strizzare gli occhi.
Quando infine si ritrovò al centro della piccola carreggiata, tirò un sospiro di sollievo, era sudato e affannato, le gambe gli bruciavano, irritate dalle ortiche e graffiate da quelle minuscole insidiosissime spine.
Prese la borraccia e decise di usare un poco di acqua per sciacquarsi la faccia, poi imbracciò il manubrio e incrociò le gambe sulla ruota anteriore. 
Gambe strette e un colpetto al manubrio, uno a destra, uno a sinistra, ancora un altro a destra, ora la ruota era a posto e il manubrio diritto, raddrizzò delicatamente ma con forza la lampada anteriore, tolse le sterpaglie e le foglie che si erano incastrate nel carter, sali sulla sella e ricominciò a pedalare pensando che aveva capito il perché della nomea che i “preti” si erano fatti come farfalle porta sfortuna.
La bicicletta aveva la priorità, niente bici niente viaggio, pensò Ralph.
Salì nuovamente sulla sella e cominciò lentamente a pedalare, infischiandosene dei preti che gli svolazzavano intorno e cercando di far finta di non sentire quel dolore al polso che gli faceva stringere a fatica la manopola del manubrio.
Percorse qualche centinaio di metri, poi imboccò un piccolo sentiero in discesa che andava in direzione del fiume, aveva bisogno di darsi una sistemata, altrimenti l’alternativa era quella di tornare a casa, perché in quelle condizioni diventava complicato continuare.
Ralph non capiva se era più fastidioso il dolore dei colpi o il bruciore del sudore che colava sui minuscoli graffi e sbreghi che aveva sulle mani, sulle braccia e sulle gambe.
Si sentiva un guerriero, un selvaggio, un esploratore, un eroe, si sentiva tante cose ma più di ogni altra cosa si sentiva un sopravvissuto e in quel momento era la cosa che più lo riempiva di orgoglio

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

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