
Le casette si susseguivano come
un avamposto della civilizzazione, piccoli giardini piantumati ricchi di fiori
e piante, era questo un bel biglietto da visita per chi entrava in città passando
dalle campagne.
Ralph rallentò incrociando il
passaggio a livello, le sbarre a strisce bianche e rosse erano alzate, l’omino
nella guardiola non lo notò nemmeno mentre lentamente passava sopra i binari.
Si fermò per qualche istante
proprio nel mezzo, guardò a destra e a sinistra, i lunghi binari luccicavano
alla luce del sole, quasi in sego di sfida, sprezzante del pericolo, proprio
come un cavaliere a cavallo di un nero destriero, Ralph fece spallucce e si
rimise a pedalare lungo la strada che portava verso il centro abitato.
Non era molto pratico della
città, del resto in città ci andava a scuola la mattina e qualche volta la
domenica accompagnando suo padre a comprare le paste o a fare la spesa nell'unico grosso
supermercato allora presente in centro, vicino alla stazione ferroviaria.
No, Ralph non era ometto da
città, lui era pratico delle campagne, del suo regno attorno alla casa di
campagna dove era nato.
Si sentiva come un pesce fuor
d’acqua, avrebbe voluto essere un ragazzo di città, girare per i vicoli,
arrampicarsi sui muri tra i cortili, salire sui tetti delle case, far parte di quei racconti che i compagni di
scuola gli narravano ogni giorno.
Ralph non era un ragazzo di città
e lo sapeva bene, ma questa avventura avrebbe potuto raccontarla ai suoi
compagni una volta tornato a scuola dopo le vacanze estive.
La strada si trasformò in via,
senza che Ralph nemmeno se ne accorgesse, si ritrovò dentro la città come per
incanto, come attraverso uno specchio.
Il mondo che gli si presentava
davanti era così diverso, i rumori, i suoni, gli odori, i profumi,
tutto era così nuovo, la città vista la mattina presto era, per Ralph, una scoperta nuova, un cosmo di nuovi stimoli
e attrazioni, tutto attirava la sua attenzione, la gente, le auto, i negozi, la
vita stessa della città era un continuo esaltante bombardamento di nuove
sensazioni.
Pedalava lentamente, stando
attento alle macchine, procedeva a bordo via, distratto dalle persone che
camminavano sui marciapiedi, dai bambini che correvano attraversando veloci la
strada per scomparire nei cortili interni tra un palazzo e l’altro.
Non riusciva a trovare nessun punto di riferimento
conosciuto, girare a vuoto lo rendeva
particolarmente nervoso e preoccupato, l’orologio correva veloce anche se il
tempo sembra scorrere così lentamente tra le luci e le ombre della città.
Ralph prese la decisione di
fermarsi, salì con la bici sul marciapiede, si diresse verso l’insegna di un
bar, i piccoli tavolini rotondi, colorati di rosso erano circondati da
variopinte sedie in plastica colorata,
gialle, azzurre, rosse, verdi.
La seduta ricordava quella di
sedie impagliate, ma erano fatte con morbidi, spessi fili di in plastica,
attorcigliati a cromati tubi di ferro.
Appoggiò la bicicletta al muro e
come un viaggiatore esperto, come un cliente abituale si sedette su una di
quelle colorate sedie, appoggiò lo zainetto sulla sedia di fronte e attese che
qualcuno venisse a prendere un’ordinazione.
Sembrava un piccolo ometto,
serio, attento, per nulla imbarazzato e per nulla teso, almeno all'apparenza.
Aspettò un po’, poi si alzò dalla
sedia e si diresse verso un’insegna in alluminio, sul marciapiede, vicino alla
vetrata del bar, c’erano le foto di gelati di ogni tipo, coni rotondi con
pralinato alle nocciole, coni classici al gusto crema e cioccolato, coppe
ricche di gusti, alla frutta, al caffè, ghiaccioli multicolori e persino un
gelato con lo stecco in liquirizia che potevi mangiare.
Sull'altro lato dell’insegna
c’erano le foto di torte gelato e grossi barattoli uso famiglia, l’imbarazzo
della scelta era tanto, c’erano fin troppi gelati da poter scegliere.
Ralph controllò i prezzi, perché
indipendentemente dal gusto quello che veramente contava era se lui se lo
poteva permettere, senza intaccare troppo i soldi risparmiati con tanta
parsimonia.
Sentì bussare contro il vetro, il
barista fece un cenno con la mano, come per chiamarlo all'interno del locale,
Ralph si scostò indietro, lasciò passare qualche istante poi mise piede dentro
il bar.
Il bancone era così alto che
Ralph non riusciva quasi ad appoggiarci le mani sopra, prese di tasca un paio
di monete e chiese al barista il gelato con lo stecco alla liquirizia.
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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©
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