Visualizzazione post con etichetta bosco. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta bosco. Mostra tutti i post

giovedì 23 giugno 2016

Il giardino oltre la siepe... continua...

... Continua ...


La bottiglietta di cola fresca tra le mani, la bici appoggiata al muro, il sole che si ergeva rapido rimpicciolendo le ombre degli uomini e delle cose.
Attraversò la strada spingendo la bicicletta con un mano, mentre con l’altra teneva stretta la bottiglia, quando giunse dall’altra parte, appoggiò la bicicletta contro la recinzione che separava il marciapiede dal giardino incolto di un vecchio edificio abbandonato.
Si sedette sulla panchina ad aspettare, la cola intonsa, non aveva il coraggio di berne nemmeno un sorso, per evitare che l’interruzione di quel rito scaramantico potesse portargli solo una cocente delusione.
Aspettò per una buona mezzora, ma del ragazzino nessuna traccia, Ralph pensò che quel suo strano tentativo di ritrovarlo, quella sua ricerca personale della felicità fosse stato un tentativo stupido, tutto sommato.
Si alzò dalla panchina e diede un sorso alla cola che si stava intiepidendo, stretta tra le dita.
Si girò intorno, ormai il pensiero del fallimento lasciò il posto alla curiosità di rendersi conto di come fosse strana la città intorno a lui.
In effetti non si era mai accorto di quel giardino abbandonato, circondato da quella recinzione parzialmente abbattuta, con grossi buchi nella rete deformata da sterpi e rovi che crescevano indisturbati.
Ogni giorno uscendo da scuola si fermava ad aspettare il torpedone, ma la frenesia e la voglia di tornare a casa velocemente lo rendevano spesso distratto al mondo che gli stava intorno.
Ralph era un ragazzino tutto particolare, il suo mondo era diverso da quello degli altri, pensava sempre che il suo modo di vivere e di vedere le cose fosse  indissolubilmente legato al fatto che lui si sentiva un prescelto, un uomo che nella vita avrebbe fatto grandi cose, avrebbe cambiato il mondo, inventato una lampadina a lunga durata, una macchina volante o trovato la ricetta per la eterna felicità.
Ralph era convinto di tutto questo, perché lui si sentiva assolutamente diverso, ma la consapevolezza di essere unico, lo faceva sentire terribilmente solo.
Si alzò dalla panchina e a passo lento, incuriosito, cominciò a camminare lungo la recinzione, fino a trovare un buco nella rete abbastanza grande per permettergli di entrare in quel selvatico e misterioso luogo abbandonato.
C’erano tra le sterpaglie e i rovi di more dei rami spezzati e un sentiero appena accennato, come se lui non fosse il primo ad attraversare quella porta.
Fece qualche passo, poi si voltò indietro, ritornò sui suoi passi, appoggiò la bottiglietta sul basso muretto in cemento che reggeva la recinzione e andò a riprendere la bicicletta.
La appoggiò vicino al buco di entrata, in modo che potesse essere in qualche modo più visibile al suo sguardo, poi prese la cola, diete una lunga sorsata e lentamente cominciò a percorrere quel sentiero appena accennato.
Una grossa siepe di lauro gli oscurava la visuale sul resto del giardino, i grossi rami che partivano dal basso gli permisero di accovacciarsi e strisciare sotto la siepe, strisciando su  un tappeto di foglie secche.
Come aveva visto nei film di guerra, fece il passo del giaguaro e un gomito dopo l’altro, si ritrovò aldilà di quel muro verde.
Si alzò sulle ginocchia, spolverandosi la maglietta, volse lo sguardo indietro, provò a chinarsi un po’ per guardare al di sotto della siepe cercando di riuscire a posare lo sguardo sulla bici, ma non riusciva a vederla.
Ebbe un attimo di esitazione, sospirò, con il pensiero che lasciare la bici incustodita sarebbe stato di sicuro un rischio, ma che  ne sarebbe valsa la pena, forse non avrebbe più avuto l’occasione di intrufolarsi in quel piccolo strano regno abbandonato.
Fece spallucce e si alzò in piedi, diritto, spalle aperte, si pulì con le mani la maglietta, passò le dita tra i capelli per scrollarsi di dosso rimasugli di foglie secche e ragnatele raccolte mentre strisciava sotto la siepe e spalancò gli occhi.
Meraviglioso, enorme, il giardino si estendeva in un parco che pareva più un bosco a causa del’abbandono, ma i suoni della città in quel mondo si affievolivano e si trasformavano in una magia tutta particolare.
Tra le fronde dei grossi tigli che crescevano poco distante, si disegnava una casa, ne scorgeva l’alto tetto rosso.
Ralph ebbe un sussulto, si sentì pervaso da un brivido di eccitazione, i peli delle braccia si fecero quasi diritti e le farfalle nello stomaco cominciarono a svolazzare. Come una lavagna bianca, vergine, tutto ciò che suoi occhi vedevano per la prima volta,  lo trascrivevano nella sua memoria marcando a fuoco le sue emozioni.

Continua

Precedente

Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

martedì 14 giugno 2016

... continua ... lavarsi l'anima ...


... continua ...

Ralph percorse quel piccolo sentiero stretto, appena segnato, scese dalla bici e cominciò a spingerla, facendosi largo tra le fronde di salici rossi che crescevano diritti e fitti segnando il limite della selva e l’inizio del letto del fiume.
Le pietre sul sentiero sempre più numerose, sempre più grosse rendevano difficoltoso spingere la bici seguendo un percorso diritto.
Ralph superò le ultime fronde e si trovò di fronte al fiume, largo, lento, l’acqua scura e intensa, il silenzio era l’unico suono che si udiva in quell’angolo di mondo che era ciò che più si avvicinava alla sua idea di paradiso.
Lasciò cadere la bici per terra, si tolse lo zaino dalle spalle e lo appoggiò sopra i raggi della ruota, saltellando tra una bianca pietra e un’altra si avvicinò all’acqua.
Ralph seguì con lo sguardo il letto da monte a valle, scrutando la riva opposta, in quel punto il fiume si allargava di molto, formando una specie di lago naturale.
Più a valle avrebbe dovuto attraversare e la sua speranza era che ci fosse un ponte o una diga su cui passare sopra.
Si tolse le scarpe e le corte calze di cotone aggredite dai semi di bardana e  nappola che cresceva rigogliosa in quell’ambiente caldo e umido, appoggiò la maglietta sporca di macchie di terra ed erba sul sellino della bici e lentamente entrò nell’acqua.
Un brivido salì lungo la schiena di Ralph, l’acqua era ancora fredda, camminò fino ad arrivare a farsi coprire le ginocchia, il limo sul fondo si alzò come una nuvola di latte dentro una calda tazza di tè, ad ogni suo passo.
Ralph si sciacquò le mani, le spalle, la faccia, più restava immerso nell’acqua e più diventava piacevole.
Passò delicatamente le mani sopra i garretti, massaggiandosi i graffi e le escoriazioni, quella sensazione di bruciore e dolore quasi piacevole gli facevano venire la pelle d’oca.
Restò fermo, lasciando che la debole corrente che scorreva vicino alla riva portasse via il fango sospeso, l’acqua trasparente, i piedi semi coperti dal lieve strato di limo del fondo venivano bersagliati dai delicati morsi dei minuscoli  barbi e cavedani, incuranti del pericolo, indifferenti alla presenza di Ralph.
Un lieve movimento e l’acqua tornava ad intorpidirsi, Ralph fece ancora qualche passo in avanti, l’acqua gli bagnava quasi i calzoncini corti, era così bello restare in mezzo al fiume immerso in quel silenzio così naturale.
Al centro di quello slargo, così simile ad un lago, piccoli anelli di acqua si formavano ogni vola che i pesci più grandi si nutrivano degli insetti sul pelo dell’acqua.
La natura, il cinguettio continuo di decine di uccelli tra le fronde degli alberi che si addossavano alle due rive, il riflesso del sole che si frastagliava tra le onde, il volo radente delle iridescenti libellule, tutto era pace e bellezza, un tempo infinito, un istante lungo come il fiume.
Ralph fu quasi dispiaciuto di non potersi fermare a fare un bel tuffo, ma la giornata era lunga e i suo obiettivo era decisamente un altro.
Tornò a riva salendo sulle pietre intiepidite dal sole per non sporcarsi i piedi di limaccio, si asciugò i piedi alla bell’e meglio, si rinfilò i calzini pulendoli dai fastidiosi semi che ci si erano aggrappati, infilò le scarpe e dopo averla scrollata indossò la maglietta.
Riprese a percorrere a ritroso il sentiero fatto, lo zainetto sulle spalle gli dava fastidio alla spalla sgarrupata, i graffi sulle gambe e le punture di ortica ricominciarono a dargli fastidio, le sonnolenti zanzare  del sottobosco cominciarono a sentire l’odore di quel lauto banchetto e fu così che Ralph cominciò a passo svelto a spingere la bici verso la stradina principale.
Appena gli fu possibile, salì in sella e cominciò a pedalare come un indemoniato.
Veloce percorreva quella stradina che lentamente si allontanava dalla riva del fiume, gli alberi si facevano sempre più radi, file di pioppi neri delimitavano il margine del bosco con una matematica precisione, fino a terminare la loro corsa ai limiti di un prato coltivato.
La luce imperava sulla radura, il grano maturo rifletteva di giallo oro i raggi del sole abbagliando la vista di Ralph .
La stradina umida e scura lasciò il posto a una strada sterrata, asciutta e polverosa, rosso ocra, al cui centro crescevano rigogliose le erbe di campo.
Gli ultimi Papaveri rosso fuoco e il profumo in fiore della camomilla adornavano i bordi del campo di grano ai lati della strada.
Il vento sulla pelle e la polvere che si attaccava alle umide gambe, Ralph cominciò a gridare a squarcia gola, poi il grido si trasformò in un canto, il ritmo delle pedalate diminuì e il canto si trasformò in un fischiettio lieto e tranquillo, il sole alto scaldava le spalle, il dolore al polso era sparito, Ralph era felice e la città era sempre più vicina.

Continua

Precedente

Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

lunedì 13 giugno 2016

V.d.P. ..preti... ruote e spine .... continua....


...Continua...



Il chiaro scuro, generato dai raggi del sole che filtrava attraverso le fronde, l’aria fresca che saliva dal fondo del bosco, i profumi inebrianti della natura e dell’estate che avanzava imperiosa un giorno dopo l’altro, questo era per Ralph il gusto di vivere.
Sentiva dentro di se la piacevolezza, la semplicità di esistere e di godere a pieno di ogni istante, tutto questo era per Ralph la consapevolezza dell’esistenza di un mondo ancora tutto da vivere e da scoprire.

La vita gli avrebbe insegnato suo malgrado che c’era molto di più al di sotto di quella sottile crosta di innocenza, ma non era questo il momento, non era ancora il tempo di riempirsi di cicatrici, di rimpianti, di delusioni e voglia di riscatto, questo era semplicemente il momento di vivere la vita e di questo Ralph in un modo o nell’altro ne era consapevole, talmente consapevole che non voleva nemmeno pensare al futuro, il presente era più che sufficiente e aveva tutto ciò che gli occorreva, in quel preciso istante.
I chilometri che lo separavano dalla città erano una decina, poca roba per un autobus di linea, ma un viaggio vero e proprio se percorso sulla sella di una vecchia bici attraversando le campagne.
La strada sterrata proseguiva fiancheggiando il bosco, correva quasi parallela al fiume, l’odore dell’umido della riva saliva forte, mischiandosi a quello pungente delle fronde del sambuco, creando un mix difficilmente confondibile e assolutamente indimenticabile.
Uno di quegli odori che si impressionarono nella memoria di Ralph, alla stregua di un’impronta genetica dell’anima, dello spirito, un odore talmente caratteristico da identificare l’estate come un’entità precisa.
Pedalava Ralph, tra i profumi dei fiori di rosa canina, tra l’umido delle ortiche e i preti che volavano attraversando la stradina, Ralph ricordava che il nonno gli avesse detto portassero sfortuna, non che la cosa lo preoccupasse, ma sapeva che in un modo o nell’altro le vecchie tradizioni avevano un fondo di verità e nel dubbio sarebbe stato meglio evitare di investirne uno. Cominciò così un balletto strano, Ralph cercava continuamente di scansare quelle nere falene diurne, dalle tipiche ali a pois, facendo continuamente lo slalom da una parte all’altra, stancandosi probabilmente più del dovuto, fino a non riuscire più tenere la bici con energica fermezza.
Le gomme strette, umide e sporche del limo appiccicoso, finirono per non fare più molta presa sul terreno e all’ennesima brusca sterzata, la ruota scivolò di traverso, le mani abbandonarono il manubrio, i piedi scivolarono giù dai pedali nel vano tentativo di restare in piedi, ma fu tutto così rapido e inaspettato.
Il manubrio si piegò seguendo la ruota, il telaio si piantò per terra e Ralph fu letteralmente catapultato in avanti, come un sacco di patate lanciato sul vano di un furgoncino.
Non si rese nemmeno conto di quanto stesse accadendo, tanto fu rapido il momento.
Si ritrovò a rotolare tra le ortiche, con la bicicletta che ribalzando gli passò poco di fianco, per finire ad incastrarsi tra i giovani fusti di robinia e un filare di pioppi neri.
Ralph si alzò dolorante al polso, le ginocchia sbucciate e un livido sulla coscia, sentiva un forte bruciore alla spalla, si sollevò la maglietta e con la mano andò a tastare la zona dolorante.
Sentì caldo e umido e capì subito che di li a qualche giorno avrebbe avuto una bella crosta da grattare.
Il sudore improvviso comparì su tutta la pelle, come per magia o per maledizione, visto che ora era sporco, sudato, graffiato e con braccia e gambe piene di bolle da ortiche.
Sollevò la bicicletta tirandola con forza per districarla dai rovi che si erano attorcigliati attorno ai raggi e ai pedali, alzandola in piedi la fece rimbalzare sulle ruote, vibrò tutta in un rumore metallico.
La situazione era assai complicata, la difficoltà a camminare tra quei rovi, il manubrio storto, il dolore al polso, il prurito alle gambe e quel dannato sudore che si appiccicava allo sporco rendevano ogni sforzo di uscire dalla riva immensamente pesante.
Ad ogni passo i fili di rampicanti irti di minuscole spine ad uncino graffiavano i garretti delle esili gambe di Ralph, andando ad infierire ulteriormente su un corpo piuttosto provato.
Ad ogni passo si graffiava e più cercava di districarsi più continuava inesorabilmente a graffiarsi. Le smorfie di acuto dolore gli facevano stringere i denti e strizzare gli occhi.
Quando infine si ritrovò al centro della piccola carreggiata, tirò un sospiro di sollievo, era sudato e affannato, le gambe gli bruciavano, irritate dalle ortiche e graffiate da quelle minuscole insidiosissime spine.
Prese la borraccia e decise di usare un poco di acqua per sciacquarsi la faccia, poi imbracciò il manubrio e incrociò le gambe sulla ruota anteriore. 
Gambe strette e un colpetto al manubrio, uno a destra, uno a sinistra, ancora un altro a destra, ora la ruota era a posto e il manubrio diritto, raddrizzò delicatamente ma con forza la lampada anteriore, tolse le sterpaglie e le foglie che si erano incastrate nel carter, sali sulla sella e ricominciò a pedalare pensando che aveva capito il perché della nomea che i “preti” si erano fatti come farfalle porta sfortuna.
La bicicletta aveva la priorità, niente bici niente viaggio, pensò Ralph.
Salì nuovamente sulla sella e cominciò lentamente a pedalare, infischiandosene dei preti che gli svolazzavano intorno e cercando di far finta di non sentire quel dolore al polso che gli faceva stringere a fatica la manopola del manubrio.
Percorse qualche centinaio di metri, poi imboccò un piccolo sentiero in discesa che andava in direzione del fiume, aveva bisogno di darsi una sistemata, altrimenti l’alternativa era quella di tornare a casa, perché in quelle condizioni diventava complicato continuare.
Ralph non capiva se era più fastidioso il dolore dei colpi o il bruciore del sudore che colava sui minuscoli graffi e sbreghi che aveva sulle mani, sulle braccia e sulle gambe.
Si sentiva un guerriero, un selvaggio, un esploratore, un eroe, si sentiva tante cose ma più di ogni altra cosa si sentiva un sopravvissuto e in quel momento era la cosa che più lo riempiva di orgoglio

Continua

Precedente

Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

giovedì 9 giugno 2016

V.d.P. ... continua... il viaggio


... Continua...

I freni fischiarono mentre le gomme lasciavano un solco sulla ghiaia, Ralph arrivò al bordo della statale, le macchine seppur rade sfrecciavano a velocità impossibile, i grossi camion spostavano la pesante massa di aria calda tra il rumore dei motori e il cigolio dei rimorchi che sobbalzavano sull'asfalto imperfetto.
Doveva percorrere la statale per un piccolo breve pezzetto, ma a Ralph, su quella grossa e vecchia bicicletta, pareva un’ impresa assai ardua.
Aspettò, attese il momento migliore, guardò dal lato sinistro, si diede una spinta col piede, poi si alzò sui pedali e cominciò a spingere con tutta la forza che aveva nelle gambe.
Il leggero dislivello tra la stradina, la ghiaia, la bicicletta così grande, sembrava davvero un’impresa partire da fermo.
Ci riuscì, spingendo, faticando, ma prese velocità e continuando a guardare a sinistra non vide arrivare quell'enorme autotreno.
Ralph sentì quel prepotente suono del clacson che squillò come le mille trombe alle porte di Jerico, le mani si strinsero sulle leve dei freni, la bici scartò a sinistra sgommando sulla strada, si fermò di colpo, di traverso sulla linea di mezzeria, bianca, tratteggiata.
L’autotreno passò come fosse una locomotiva sui binari, l’imponente massa di aria spostata fece sbilanciare Ralph sulla bici, con il braccio si coprì gli occhi per evitare la polvere e la sabbia sollevata così prepotentemente.
Il suono delle trombe gli fece salire il cuore in gola, rimase col fiato sospeso mentre quell’immenso misterioso camion sbucato dal nulla gli sfrecciava davanti, l’autista non tentò nemmeno di frenare, non accennò minimamente a sterzare, semplicemente proseguì sulla sua traiettoria, probabilmente sperando nel fatto che quel ragazzo sulla bici si fosse accorto di lui.
Al passaggio il rimorchio si tirò dietro risucchiando prepotentemente la polvere dalla strada e la paura dall’anima di Ralph, sparì lungo la strada, così come era comparso.
Ralph pensò tra se che la prossima volta sarebbe stato meglio guardare da entrambi i lati della strada, o difficilmente sarebbe tornato a casa sano e salvo.
Certo come primo scrollone non fu male, Ralph scese miseramente e irrimediabilmente con i piedi per terra, poche distrazioni, l’euforia possono distrarti, fu il pensiero che gli passò tra un fischio e uno sbuffo.
Piedi in terra, mani sul manubrio, Ralph volse lo sguardo a destra e poi a sinistra, la strada era libera, mise i piedi sui pedali e lentamente si portò a margine della carreggiata.
Erano solo poche centinaia di metri, ma il pericolo del traffico su quella statale era reale, ogni tre o quattro pedalate si voltava indietro a controllare l’arrivo di qualche mezzo.
Si voltava e la bicicletta dondolava ora a destra ora a sinistra, le gomme nere scricchiolavano sul ghiaino sottile a bordo strada, rimasuglio dell’asfalto che si sbriciolava  al passaggio dei mezzi e all'incedere delle erbacce dai fossi.
Finalmente arrivò alla stradina sterrata che si infilava nei campi, si fermo al sicuro, appoggiò la bicicletta per terra e dallo zaino prese la borraccia piena d’acqua, ne bevve un bel sorso e poi ancora un altro, servivano più per scacciare la paura che per placare la sete.
La strada sterrata serpeggiava tra campi coltivati fino a inoltrarsi in un verde boschetto, rigoglioso, verde, ombreggiato.
Il sole che si innalzava sempre più prepotente nel cielo faceva filtrare i sui raggi luminosi attraverso le fronde degli alberi le cui cime dondolavano dolcemente cullate da una lieve brezza mattutina.
Si sentì al sicuro a pedalare tra quella natura così placida e tranquilla, i cui suoni erano come carezze per i timpani e vibrazioni per lo spirito.
Si sentivano solo i cigolii dei pedali , il fregare sulla terra delle nere ruote della bicicletta che si impolveravano solcando la strada e il battito costante del cuore di Ralph che pedalava verso la città.

Continua

Precedente

Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©