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martedì 28 marzo 2017

Continua... La lunga estate calda (In attesa della pioggia, racconto sul blog)


Continua... La lunga estate calda (racconto sul blog)

Cos’è che fa di un’amicizia un legame indissolubile? Cos’è che rende due persone tanto legate l’una all’altra? Ralph non si poteva dare una risposta, ne ora ne mai.
Esiste una chimica, una reciproca assonanza, come un puzzle che si incastra solo in un punto, solo in un verso, come un’attrazione compensativa, una sorta di amplificazione di energia.
L’amicizia non è come l’amore, l’amicizia è indissolubile, indistruttibile, puoi restare separato per anni da un amico e ritrovarti come se ti fossi lasciato pochi minuti prima.
Questo era ciò che tenne Ralph e Jack  uniti, come due facce della stessa medaglia, come il bianco e il nero, come la vita con la morte, l’uno senza l’altro erano semplicemente il vuoto.
Quell’estate fu una delle più calde che Ralph ricordava, calda e umida. La pioggia si fece attendere per mesi, i campi ingiallivano sotto il peso dei raggi del sole, la terra cuoceva trasformandosi in sottile polvere che si posava lenta appesantita dall’umido velo della notte.
Gli incontri tra Jack e Ralph diventarono un appuntamento fisso, si incontravano a metà strada ogni settimana, sempre più frequenti, tra la città e la campagna.
Ralph quell’estate ebbe in regalo per la promozione a scuola, una rossa bicicletta da cross, le gomme bianche e nere, il lungo sellino e delle grosse molle sulle forcelle anteriori che simulavano grossi ammortizzatori, in realtà non era proprio una bici da cross come quella che avrebbe voluto, ma non importava, perché quella rappresentava il suo primo passo verso l’indipendenza.
Con quella bici poteva muoversi liberamente, era la sua e di nessun altro, con quella bici avrebbe potuto andare ovunque i suoi sogni avessero voluto portarlo.

Ralph pedalava ogni giorno di quella calda estate verso i sogni e i sogni lo conducevano attraverso la scoperta quotidiana verso una realtà che faceva parte di un mondo parallelo, un mondo tutto suo in cui perdersi.
Jack non era così fortunato, lui non ebbe una bicicletta nuova per la promozione, a dire il vero nessuno si curò di lui, nessuno gli fece complimenti ne tantomeno si curarono di sapere se la scuola era terminata, semplicemente, nella totale indifferenza Jack continuò la sua esistenza senza che nessuno si preoccupasse di come fosse.
Le avventure attraverso i boschi, portarono i due amici ai limiti del mondo allora conosciuto, la dove la ferrovia si estendeva, sospesa nel vuoto, attraverso il lungo ponte di ferro che univa la contea al resto del mondo da una parte e li dove, attraverso le montagne, si infilava in una oscura e infinita galleria dall’altra.
C’erano giorni in cui arrivati ai limiti del mondo, restavano semplicemente seduti a guardare, a volte lo scorrere del fiume infondo al canyon a volte il buoi del tunnel.
Le voci portate dal vento suonavano tra i tralicci di ferro facendo vibrare il ponte quasi a cantare di storie lontane, le voci sussurrate delle anime che passavano sui vagoni portavano rapidamente via i pensieri, mentre Ralph e Jack fantasticavano su ciò che avrebbero un giorno trovato dall’altra parte.
Altre volte, restavano atterriti dal buoi del tunnel e dalle grida che echeggiavano rimbalzando sulle pareti di pietra, la luce  a stento penetrava nella galleria illuminando il breve tratto iniziale, quasi a spingerli ad entrare, come un richiamo, come un sinistro invito ad affrontare l’oscurità.
Tremavano come foglie al vento al sibilo del treno che sferragliava improvviso tra i silenzi del bosco, sollevando la polvere dalla massicciata e spargendo l’odore di ruggine tra le fronde degli alberi.
Il giorno in cui decisero di affrontare il ponte fu il primo tentativo di vivere oltre il limite che la loro età gli consentiva.
A posteriori chiaramente fu una scelta stupida, ma quante scelte stupide si fanno nella vita.
Ralph quella mattina uscì di buon ora con la mamma che gli gridava a gran voce di finire la colazione, senza speranza  di essere ascoltata gli intimò di non fare tardi, come oramai faceva sempre.
Ralph saltò in sella sulla sua rossa bicicletta come un provetto cowboy fa col suo fido destriero e cominciò a pedalare in direzione della ferrovia attraverso un sentiero che ogni giorno era sempre più marcato.
Arrivò presto Ralph, tanto che dovette aspettare a lungo Jack che con le sue minute gambe dovette camminare per qualche chilometro tra i prati e le strade sterrate che circondavano la città.
Quando lo vide arrivare Ralph non lo saluto nemmeno, “Dovresti comprarti una bici”, gli disse.
Jack scrollò la testa, “Uno di questi giorni ruberò la tua”, gli rispose.
Ralph lo guardò turbato, pensando che vista la sua situazione ne sarebbe stato anche capace, “Non provare nemmeno a pensarci” lo minacciò puntandogli il dito indice contro il viso.
“..e tu non  tentarmi”, gli intimò Jack.
Ralph nascose la bici tra le fronde, mentre jack si tolse il piccolo zainetto dalle spalle, lo appoggiò per terra e tirò fuori una bottiglietta di spuma rossa.
Estrasse un coltellino dalla tasca e con rapidità stappò la bottiglia. Il tappo schizzo in alto portandosi dietro il sibilo del gas.
Diede un sorso alla spuma,  “tieni, dobbiamo brindare alla nostra missione”incitò Ralph, porgendogli la bottiglia.
“dove l’hai rubata ?” gli chiese Ralph.
“Bevi e stai zitto”.
Più volte si passarono la spuma, sorseggiando a vicenda, come a dividersi in parti uguali il coraggio di cui avevano estremamente bisogno, fino a che una volta finita Jack lanciò la bottiglia vuota giù dall’irta riva coperta di alberi che finiva nel profondo Canyon.
Roteava la bottiglia fischiando e suonando, come la tromba in una carica di cavalleria, fino a perdersi in un tonfo sordo nelle verdastre acque del fiume.



Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

martedì 31 maggio 2016

In attesa della pioggia...



In attesa della pioggia.


Soffia il vento, asciugando la terra, inaridendo i campi, così come le anime degli uomini.
Aspettando la pioggia, jack stava seduto, tutto il giorno a guardare i campi di grano turco che a stento restava diritto.
L’aria calda, sotto il portico, seduto su una sedia di paglia, le gambe incrociate, i piedi fuori dalle scarpe, sporchi, sudati.
Il fumo di sigaretta usciva dal naso, caldo, denso, si insinuava rapido tra la folta barba sul mento per poi essere portato via dal vento.
Il cigolio del pavimento ad ogni movimento sulla sedia, sembrava il miagolio di un gatto in amore, un suono lungo, acuto, stridente, fastidioso.
Jack aspettava la pioggia, l’aspettava da tanto tempo che quasi si era dimenticato del suo odore.
Quel profumo che si avvicina nell'aria portato dal vento, quell'odore che sovrasta lentamente tutti gli altri, l’odore della pioggia, denso, quasi lo puoi toccare, lo senti, sempre più intenso, mentre si avvicina, come una colla, addensa e appiccica le molecole d’aria, una ad una, così che l’aria la puoi quasi toccare.
Il vento soffiava e non si sentiva l’odore della pioggia, da troppo tempo jack non sentiva l’odore della pioggia.
La sigaretta appiccicata alle labbra penzolava, stanca, mentre la punta si consumava sempre più veloce, aiutata dal soffiare del vento.
Inspirava il fumo ed espirava il fumo jack, mentre aspettava, con le mani che incrociavano le dita, non tanto in preghiera, quanto in attesa.
Da tanto tempo Jack aspettava, troppo tempo e mentre il granturco piegava ed ingialliva le lunghe foglie, mentre il bargiglio delle pannocchie si rinsecchiva, mentre i chicchi giallo scuro indurivano e si staccavano, cadendo al suolo, mostrando il tutolo imbrunito, Jack aspettava.
Non sapeva più nemmeno lui cosa stesse aspettando, se la pioggia che lavasse via tutto lo sporco del mondo o il calare del sole accompagnato dal sorgere di una luna pallida, degna compagna di una notte d’estate.
Arrivò la notte, jack posò la tazza di caffè sul pavimento di assi sconnesse del portico, si sedette sulla sedia, che scricchiolò, come le ossa di un vecchio e restò in attesa.
In attesa che il caffè smettesse di fumare, raffreddandosi un po’ nell’aria calda e afosa di una notte senza vento.
In attesa che si alzasse un alito di vento a rinfrescare l’aria, in attesa che quel vento portasse dal fondo dell’orizzonte delle nuvole cariche di pioggia.
La notte, illuminata a giorno dalla luna era colma di stelle nel cielo e lucciole, tra le fronde  e i fili dell’erba dei campi.
Sinfonie di suoni della notte si mischiavano con i rumori lontani della civiltà, ruote in ferro che scivolavano tra le valli, sibili di aviogetti che tagliavano il cielo, voci portate dalle onde, come in uno stagno, grande come il mondo.
Tra una sigaretta e l’altra jack aspettò tutta la notte; il sorgere del sole fu come un raggio di nuova speranza, mentre una linea di foschi nuvoloni ne rifrangevano i colori proiettandoli verso la valle.
Sentì l’umido sulla guancia, ed un sorriso gli segnò il volto, era felice, di li a poco avrebbe piovuto, finalmente.
Poco prima delle dieci di mattina, quando ancora il caldo non era padrone del mondo, il vecchio Ralph parcheggiò la sua vecchia oldsmobile di fronte alla staccionata che separava il giardino di Jack dal resto del mondo.
Ralph chiuse la portiera con un rumore sordo metallico, Jack non si mosse dalla sedia, le gambe incrociate, il sorriso sul volto, la sigaretta spenta tra le dita.
Le suole delle scarpe lucide del vecchio amico calpestavano i tre gradini per accedere al portico facendoli scricchiolare sotto il suo peso.
Jack sorrideva, mentre il vento cominciò a soffiare più forte dei giorni precedenti.
Ralph gli appoggiò una mano sulla spalla, una lacrima segnava lo zigomo del volto di Jack.
Ralph si appoggiò con le mani al parapetto, guardava l’orizzonte, le nuvole sparse si erano volatilizzate nel vento caldo.
Restò in attesa, con le nari aspirò l’aria prepotentemente per sentire l’odore della pioggia, lo sguardo si volse a quella lacrima sul volto dell’amico.
Si accese una sigaretta e restò a guardare le foglie del granturco ingiallite e le piante che a stento restavano diritte.
Sorrise Ralph, pensando a Jack, gli occhi lucidi, come campi bagnati dalla pioggia, mentre il vento caldo soffiava via la cenere nell’aria.
31/05/2016 
Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©