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martedì 28 giugno 2016

Rumori in soffitta... ...continua....

... Continua ...


Sentiva i battiti come se una mazza battesse sulla grancassa, il cuore in gola, sbuffò forte e con un gran respiro si diete coraggio.
Un passo avanti all'altro, quasi in punta di piedi, Ralph salì i gradini lentamente, scrutando le scale che salivano fino al piano superiore.
La mano scivolò sul corrimano impolverato lasciando il segno al suo passaggio.
Una grossa finestra, sul pianerottolo a metà delle due rampe, oscurata da vecchie persiane chiuse, illuminava a sprazzi i gradini di marmo ingialliti e macchiati dal tempo. Arrivò al piano superiore trattenendo quasi il fiato per tutta la salita.
Sentì i rumori, ancora, ma questa volta i passi e la corsa sembravano più pesanti e veloci, quasi fosse un tentativo di fuga. Il lungo corridoio che separava le stanze era buio e oscuro, anche stringendo gli occhi a fatica Ralph riusciva a vedere il fondo.
Le scure porte di legno delle stanze erano chiuse, si avvicinò piano alla prima sulla sinistra, pose lentamente le mani sulla maniglia, prese fiato e poi con una spinta secca, decisa spinse la porta fino a farla sbattere contro il muro.
La stanza era vuota, dentro c’era un vecchio letto arrugginito e un cumulo di pezzi di mobili rotti.
La stanza buia era appena illuminata dalla luce esterna che filtrava appena tra le imposte e i rampicanti che si accalcavano contro le ante di vetro.
Una porta interna conduceva ad un'altra stanza attigua, Ralph vi si avvicinò rapido e con gran veemenza cercò di aprirla, invano.
Nuovamente i passi di corsa si fecero sentire, accompagnati da un gran trambusto, come se qualcuno inciampando avesse fatto cadere il mondo intero.
Ralph corse fuori dalla stanza gridando e minacciando, poi fu nuovamente il silenzio.
La polvere galleggiava illuminata dai penetranti raggi del sole della stanza a fianco, Ralph allungò la testa per cercare di spiare all’interno.
Vuota, solo la polvere, un vecchio tavolino ribaltato, i raggi del sole che si facevano largo tra le fessure delle persiane e tutto intorno i segni di impronte, confuse che irrazionalmente si dirigevano in ogni dove.
Ralph arrivò in fondo al corridoio, non c’erano più stanze da scoprire da quel lato della casa, c’era solo una vecchia scala a pioli in legno ribaltata contro la parete.
Ralph alzò gli occhi al soffitto e vide una piccola botola in legno che portava al sottotetto.
C’erano piccoli segni di strisciate sul muro, come se qualcuno si fosse dato la spinta con i piedi per tirarsi su attraverso la botola.
Ralph prese la scala e l’appoggiò al muro, era più bassa e non arrivava alla botola,  con cautela cominciò a salire i pioli, ma appena superata la metà la scala cominciò a scivolare un poco sulla destra.
Fermo, immobile,  Ralph aspettò a salire sugli ultimi pioli, quella scala era così instabile che di sicuro qualcosa sarebbe andato storto.
Sbuffò per un istante e poi salì verso gli ultimi pioli, tenne una mano appoggiata alla parete, e con l’altra si distese a spingere la botola verso l’alto.
Lo sguardo di Ralph si posò sulla sua mano e notò suo malgrado altre piccole grigie impronte di mani che segnavano il muro, ma non fece in tempo a pensare ad altro che la scala cominciò a scivolare sotto i suoi piedi.
Si diede una spinta, staccò la mano dal muro e si aggrappò al bordo della botola che spinta dall’altra mano si aprì sbattendo sul pavimento del sottotetto.
La scala scivolò rovinosamente per terra sbattendo fragorosamente sul pavimento, Ralph si tirò su a forza di braccia aiutandosi con la spinta dei piedi che pattinavano veloci sul muro.
Appoggiò i gomiti al pavimento e facendo leva si tirò su attraverso la botola trascinando il petto e il ventre sul pavimento.
Si ritrovò seduto sul bordo della botola, con la maglia sporca, le braccia e le mani annerite dalla polvere nera e densa.
“Adesso come facciamo a scendere, idiota!!” sentì giungere una voce dal buio del sottotetto.
Ralph si girò di scatto, spaventato, non riusciva a vedere niente in  quegli angoli bui, la luce del lucernaio illuminava solo a tratti quel grosso, alto e profondamente nero sottotetto.

Continua

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©


mercoledì 1 giugno 2016

Vortice di pensieri ...continua..


..Vortice di pensieri… (… aspettando la pioggia…)

I pensieri si accavallavano nella mente di Ralph, mentre con  gli occhi socchiusi osservava il sole che prepotentemente frustava le cime del gran turco.
Le mani appoggiate al parapetto in legno lo stringevano tanto da far saltare via scaglie di vernice cotta dal sole.
Quanti anni sono passati, tanti, troppi, le rughe sui volti come solchi lasciati dall’aratro sulla terra bruna hanno segnato lo scorrere del tempo, costante, lento, infinito.
Ralph e Jack, un incontro casuale del destino, come spesso accade, nel bene e nel male , come cacca di un piccione gli amici ti arrivano addosso quando meno te lo aspetti.
Era un’estate calda, come quella che ora sfianca i campi e solca le anime, un’estate arida, dove la polvere si posava densa strato dopo strato, portata dal vento secco.
Quella mattina Ralph stava attraversando la strada, con una bottiglietta di cola fresca, sudata, la voglia di berla era tanta, come la sete.
Dall’altro lato della carreggiata, seduto su di una panchina c’era Jack, pantaloni corti, una maglietta a righe orizzontali rosse e blu sullo sfondo ingiallito di un bianco slavato, a fianco un barattolo di caffè con  dentro un paio di sassi e qualche spicciolo.
Ralph si sedette sulla panchina in attesa che passasse il torpedone giallo che lo avrebbe riportato a casa.
Si sedette al lato opposto della panchina, lontano da quel ragazzino dagli occhi azzurro ghiaccio con un inquietante barattolo vuoto di caffè che ogni tanto prendeva in mano e scrollandolo faceva tintinnare le monete e rimbalzare le pietre.
La bottiglia di Cola tra le mani, le gocce di condensa che scivolavano tra le dita, quel fresco sapore sulle labbra del vetro e il gusto dolce e frizzante che solleticava il gargarozzo mentre scendeva a sorsate lente.
Combattuto tra una sorsata rapida per godere appieno del fresco della bibita o piccoli sorsi per farla durare, Ralph era indeciso, come si affronta la vita in questi casi? Era il pensiero che passava nella sua mente, godere a pieno del momento o farlo perdurare più a lungo, con il rischio che le cose si guastino un poco ed arrivare all’ultimo sorso con la cola calda?
Il dubbio amletico di Ralph fu interrotto dallo sguardo di Jack e dai suoi splendidi occhi azzurri, uno sguardo immenso, talmente grande da inglobare ogni goccia sulla bottiglia, la bottiglia, Ralph e tutto ciò che gli stava intorno.
Jack lo guardava in silenzio e ad ogni sorso di cola che Ralph mandava giù, Jack scuoteva il barattolo di metallo del caffè.
Ralph si sentiva osservato, disturbato da quello sguardo, mentre sorseggiava la sua bibita fresca, con gli occhi socchiusi, cercava di tenere sottocontrollo quel ragazzino minuto, con i sandali ai piedi, una sporca maglietta a righe e un buffo taglio di capelli.
Quanto a lungo si po’ reggere una situazione imbarazzante, quanto a lungo la cola può restare fresca sotto una calura tanto opprimente?
Il rumore del motore del torpedone arrivò come lo squillo di trombe del 7° cavalleria, a salvare il piccolo Ralph circondato dagli indiani.
I freni fischiarono bloccando lentamente le ruote, la povere fitta si alzò dalla strada, Jack si riparò gli occhi senza lasciare il barattolo, Raph salì sul torpedone mentre lo sfiato della porta a pressione sibilava nell’aria, saltando a balzi i tre gradini di ferro.
Il torpedone ripartì sgasando e alzando ancora la polvere dalla strada, Jack tenne il braccio davanti agli occhi per ripararsi da quel nuvolone giallo alzato quasi a proposito, come in segno di sprezzo, verso quel minuto ragazzino senza abbastanza soldi per pagarsi il biglietto.
Raph si sedette rapido sui sedili a lato finestrino e con la faccia schiacciata contro il vetro seguiva con lo sguardo il minuto ragazzino che si strofinava gli occhi imbrattati dalla polvere.
Jack tossi per togliersi il senso di soffocamento della sabbia che gli era entrata in gola, con gli occhi ancora sporchi di polvere si voltò a guardare l’altro lato della panchina.
Appoggiata per terra all’ombra della gamba di ferro, la bottiglietta di cola, piena ancora a metà.
Jack lasciò cadere il barattolo di caffè, le pietre ruzzolarono fuori cadendo dal marciapiede fino al bordo della strada.
Si alzò rapido, con delicatezza prese la bottiglietta, con il pollice pulì l’imboccatura dell’anello, la strinse nella mano, il vetro appena tiepido, la portò alla bocca e la sorseggiò rapidamente, tutta in un fiato.

Ralph lo seguì con lo sguardo, mentre il torpedone si allontanava,  appoggiò la schiena al caldo sedile in finta pelle e sorrise soddisfatto, gli occhi un po’ lucidi, passo l’indice sotto le ciglia umide, si voltò a guardare la signora anziana seduta dall’altro lato del corridoio, le sorrise compiaciuto, poi si voltò a guardare fuori il mondo che scorreva a 40 miglia all’ora.

Continua

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©